L’indipendenza della Catalogna tra scontri, crisi ed alta tensione

Con 70 voti favorevoli, 10 contrari e 2 schede bianche, la Catalogna ha dichiarato, nella giornata del 27 ottobre, l’indipendenza dalla Spagna, in conformità con quanto deciso da poco più di due milioni di catalani nel precedente Referendum tenutosi il 1 ottobre scorso. Scontri, crisi ed alta tensione rappresentano le parole chiavi che descrivono in questo momento la situazione spagnola. Quale sarà il futuro della Catalogna e quali saranno le ripercussioni a livello europeo ed internazionale?  


Il referendum sull’indipendenza. «Vuoi che la Catalogna sia uno Stato indipendente sotto forma di Repubblica?» è il quesito a cui hanno risposto favorevolmente migliaia di catalani lo scorso primo ottobre. Il referendum è stato promosso dalla Generalidad de Catalunya ed indetto attraverso una legge del Parlamento della Catalogna, secondo cui il voto avrebbe avuto natura vincolante. Tuttavia, nonostante si ritenga il referendum tra i più proficui strumenti democratici che consentono all’elettorato di esprimere la propria opinione, purtroppo non sempre viene considerato tale.

Difatti la giornata del primo ottobre si era conclusa con un braccio di ferro tra il governo centrale, che ritenendo il referendum incostituzionale, ha mobilitato le forze di polizia per impedire un voto considerato illegale ed il governo regionale catalano che ha impiegato ogni mezzo possibile per garantire la buona riuscita della consultazione. Nonostante ciò, i catalani con più del 90% hanno espresso il proprio voto a favore dell’indipendenza della Catalogna dalla Spagna.

A seguito del referendum la maggioranza indipendentista del Parlamento regionale catalano ha sottoscritto una dichiarazione di Indipendenza a contenuto esclusivamente politico, senza cioè avere un effettiva applicazione sul piano normativo, dichiarando la costituzione della Repubblica catalana come uno stato indipendente e sovrano.

Il voto per l’indipendenza del 27 ottobre. Sulla base, quindi, dei risultati ottenuti al Referendum, il 27 ottobre il parlamento è stato chiamato a votare con scrutini segreti l’entrata in vigore della legge di transizione giuridica e di fondazione della Repubblica catalana. La votazione si è conclusa con 70 voti favorevoli, 10 contrari e 2 schede bianche.

Immediate sono state le reazioni sia del popolo catalano, sceso in piazza per festeggiare l’indipendenza dal paese, sia del senato spagnolo, il quale, ritenendo la votazione un atto illegale e criminale, non ha esitato ad approvare e mettere in moto la procedura prevista dall’articolo 155 della Costituzione spagnola, autorizzando il governo spagnolo a commissariare la regione catalana, privandola di fatto della propria autonomia.

A questo atto legale, è seguita la destituzione sia di Puigdemont dalla carica di Presidente della Generalidad sia dei membri del Governo e del Parlamento e l’indizione di nuove elezioni previste per il 21 dicembre 2017. In un’intervista rilasciata al termine della riunione straordinaria del consiglio dei ministri sull’art. 155, il premier spagnolo Rajoy ha dichiarato: “Ho sciolto il parlamento catalano e il 21 dicembre si celebreranno elezioni nella comunità autonoma. Bisogna dare il voto ai catalani. Sono le vere urne che hanno la parola. Bisogna tornare quanto prima alla vita sociale normale in Catalogna.”

Immediate sono state anche le reazioni delle più alte cariche dell’Ue e di altri paesi. In un comunicato diffuso su Twitter, Donald Tusk ha dichiarato che “per l’Unione Europea non cambia nulla. La Spagna resta il nostro unico interlocutore” augurandosi che “il Governo spagnolo favorisca la forza dell’argomentazione all’argomento della forza”.

Il presidente della Commissione europea Juncker ha invece dichiarato che “l’Ue non ha bisogno di altre fratture. L’indipendenza della regione è un processo che sta avvenendo all’interno della Spagna e quindi rispetto tutte le decisioni che il governo spagnolo prenderà.” Diversamente da questi, la Scozia invece si è espressa in modo favorevole all’indipendenza catalana.

Dunque, un diffuso riconoscimento internazionale dell’indipendenza catalana dalla Spagna rischierebbe un effetto domino sull’intero continente europeo, poiché significherebbe legittimare dall’esterno altre spinte di frammentazione nazionale più o meno in atto non solo in vari paesi membri dell’Ue ma anche nei Balcani, dove il caso Kosovo pare rallentare le trattative dell’entrata della Serbia nell’organizzazione europea.

D’altronde, la dissoluzione del parlamento catalano e le nuove elezioni regionali anticipate non sembrano aver tuttavia scoraggiato il sentimento nazionale catalano per la propria Repubblica che si protrae nel passato. Se Madrid pare voler guadagnare tempo, i politici catalani escono da questa vicenda rafforzati dalla folla di gente, scesa in piazza, che non ha intenzione di rinunciare alla propria aspirazioni per la “libertà”.

Dott.ssa Noemi Pasquarelli

 

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