L’Africa tra la Cultura della Pace e la Pace attraverso la Cultura. Una lettura complementare delle Biennali di Luanda


Negli anni ’80 il continente africano ha gettato le basi per futuri incontri panafricani volti a promuovere la Cultura della Pace, che l’Angola ospita attraverso le Biennali per la Cultura della Pace dal 2019. La Pace attraverso la Cultura può essere complementare alla Cultura della pace, oppure è la cultura l’approccio ideale alla pace globale nel continente?


Principio guida della Cultura della Pace

Il concetto e/o il principio ispiratore della Cultura della Pace deriva dal preambolo dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, in cui si afferma che la guerra è un fattore sociale e non biologico degli Uomini e delle loro rispettive società. La guerra, secondo il documento, non è un fenomeno innato degli Uomini, ma si acquisisce attraverso processi sociali e psicologici. In effetti, la fondazione dell’Unesco nel post-conflitto del 1939-1945 riflette l’impegno internazionale volto a creare quelle che vengono definite “barriere psicologiche” in grado di prevenire lo scoppio di guerre e catastrofi umanitarie simili a quelle del 1945 attraverso l’educazione ed altri mezzi culturali.

L’Africa del 1980 non è l’Africa del 2024

In quel contesto di Guerra fredda, il continente africano era il più afflitto da guerre civili di qualsiasi altro continente al mondo e, in alcuni casi, si verificavano anche conflitti interstatali dovuti a controversie sui confini, come nel caso del conflitto tra Libia e Ciad a causa della Striscia di Aozou, risolta solo negli anni ’90 attraverso l’arbitrato della Corte Internazionale di Giustizia e la politica di calibrazione adottata dal leader libico in vista a maggiore interesse sulle questioni panafricane piuttosto che su quelle panarabe dovuto a continui disaccordi con i suoi omologhi arabo-musulmani per il sostegno alla causa palestinese; o tra Eritrea ed Etiopia, a causa della disputa sulla proprietà di Badme. È interessante notare che il riconoscimento della sovranità dell’Eritrea sotto Badme da parte del primo ministro etiope Abiy Ahmed, in un ampio processo di riconciliazione tra Eritrea ed Etiopia, gli è valso il Premio Nobel per la pace nel 2019.

Da decenni nel continente africano non sono esclusi conflitti per procura o guerre per procura, cioè, conflitti i cui soggetti visibili sono gli africani, ma i complici e/o i promotori invisibili sono esterni al continente africano. Per Alex de Waal, “In un recente articolo pubblicato sul Journal of ModernAfricanStudies, alcuni colleghi ed io abbiamo scoperto che solo il 30% dei conflitti africani dal 1960 sono stati “interni” e il resto un mix di “internazionalizzazione interna” e “internazionalizzazione” interstatale.”: il 70% è stato effettivamente internazionalizzato in un modo o nell’altro” (Vedi: Alex de Waal, Africa’s ‘CivilWars’ Are RegionalNightmares, 2019).

Oltre ai conflitti civili completamente nazionali, in questi casi in cui più di 2/3 dei conflitti hanno cause esterne, resta inteso che la popolazione di questi Stati è meno istruita politicamente. In ogni caso, il primo Congresso Internazionale sulla Pace nella Mente degli Uomini, tenutosi a Yamoussoukro nel giugno 1989, e il relativo rapporto finale, presuppongono due dimensioni di contenimento delle guerre vere e proprie e delle guerre su richiesta nel continente africano: la dimensione propedeutica e la dimensione pedagogica.

Mentre la dimensione propedeutica ha creato e riconosciuto la dimensione sociale e psicologica e non biologica del conflitto, affermando, tra gli altri, che “La pace è un modo di comportarsi” (vedi qui il rapporto finale), la sua dimensione pedagogica ha stabilito strumenti educativi e formativi di Menti africane capaci di essere motori di pace e promotori di pace. Oggi, nonostante l’uno o l’altro conflitto, il continente ha raggiunto una relativa pace e si può dire che sia più pacifico dal punto di vista militare e politico rispetto alla Guerra fredda.

Le Biennali di Luanda per la Cultura della Pace

A causa della sua recente storia di superamento del conflitto civile, che può essere considerato sia nazionale che per procura, nel 2015 l’Angola è stata incaricata dall’Unione Africana di organizzare in collaborazione con l’Unesco il Forum panafricano biennale per la cultura della cultura Pace in Africa.

Le Biennali di Luanda per la Cultura della Pace del 2019, 2021 e 2023 (e altre future) fanno parte sia dell’impegno dello Stato angolano per la cultura della pace, sia di quella seconda dimensione pedagogica stabilita a Yamoussoukro nel 1989. In questo caso, l’Angola è uno strumento per promuovere l’educazione e la formazione alla Cultura della Pace in Africa.

L’attuazione di questa dimensione da parte dello Stato angolano avviene su tre livelli:

  1. Per pacificarsi internamente prima di pacificare esternamente, proprio come un educatore deve possedere e mostrare valori positivi agli studenti, prima di esigerli da loro, l’Angola deve continuare a mostrarsi come un esempio di pacificazione interna e di riconciliazione, affinché ciò può avvenire e può riflettersi in altri stati africani come modello di culto della pace da adottare;
  2. La comprensione teleologica dei conflitti africani come premessa per rompere i cicli di conflitto nel continente, cioè, come illustrato dal presidente João Lourenço nel suo discorso di apertura alla Biennale 2021, è “(…) importante cercare di comprendere le cause reali dei conflitti ancora prevalenti in Africa” (vedi il discorso completo qui); e
  3. La gioventù come oggetto e soggetto della cultura della pace, cioè, formare i formatori, coltivare i coltivatori che promuoveranno ed espanderanno la cultura della pace nel continente in modo permanente e sostenibile.

Che dire della Pace attraverso la Cultura?

La Cultura della Pace non è sinonimo di Pace attraverso la Cultura, sebbene quest’ultima possa essere ed è favorevole alla materializzazione della prima. In altre parole, la Cultura della Pace si realizza grazie alla Pace attraverso la Cultura. In questo caso ci sono almeno 5 livelli che, se attuati, non solo integrano i primi tre basati sulla Cultura di Pace, ma garantiscono anche una pace più sostenibile attraverso la cultura, ovvero:

  1. Passando da una comprensione quasi soggettiva e filosofico-moralistica della Cultura della Pace, generalmente intesa come pace politica e militare, a una strategia panafricana di Pace attraverso la Cultura, che pone l’accento sulla pace sociale e mentale degli africani e delle loro società. Si tratta di promuovere il benessere materiale e spirituale degli africani come precondizione per la pace sociale, politica e militare;
  2. La promozione della diplomazia culturale come sostegno alla Cultura della Pace e alla Pace attraverso la Cultura. Questa è la necessità di un maggiore impegno per lo scambio culturale e le pratiche radicate nella cultura africana che promuovono la pace intercomunitaria, come nel caso di UmuntuNgumuntuNgabantu, che ha ispirato la riconciliazione sudafricana post-apartheid;
  3. Creazione di Istituti Panafricani per la Pace, come centri per lo studio dei fenomeni sociali e trasversali che minacciano la Pace, che possano essere utilizzati dai decisori pubblici per garantire la Pace;
  4. La creazione di Agenzie Umanitarie Africane, come piattaforme per coordinare la solidarietà panafricana, quindi Pace è anche spirito di “interaiuto” tra gli africani;e
  5. Festival Panafricani per la Cultura e la Pace e rispettivi premi, come spazi ed eventi per dimostrare, condividere e consolidare lo spirito panafricano per la pace attraverso la cultura.

In breve, mentre la Cultura della Pace è l’impegno degli Stati per la pace politica e militare tra gli Stati in Africa, Pace attraverso la Cultura è il passo giusto affinché ogni cittadino africano possa agire verso la pace all’interno delle proprie comunità e società. Se la Cultura della Pace intende essere il faro per una pace effettiva e sostenibile nelle società, dovrà adottare e agire sulla Pace attraverso la Cultura attraverso l’azione dei 5 livelli complementari e altre azioni che contribuiscono al benessere sociale, materiale e spirituale dei popoli africani.

Issau Agostinho

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