Meeting NATO a Varsavia. Si vis pacem para bellum

L’8 e il 9 Luglio i rappresentanti dei paesi membri dell’Alleanza Atlantica si sono incontrati a Varsavia. Le preoccupazioni difensive del blocco riguardano il contenimento della Russia ad Est e il rafforzamento della cooperazione con i partner per la stabilizzazione della situazione mediorientale e mediterranea.


In un clima internazionale particolarmente teso per le questioni di sicurezza, si è svolto a Varsavia il 28° Summit della NATO (North Atlantic Treaty Organization). I delegati nazionali hanno discusso varie questioni sulle prossime sfide che l’organizzazione dovrà fronteggiare.

La problematica principale continua ad essere, anche nel mondo post guerra fredda, la competizione e la deterrenza nei confronti della Russia. Nonostante alcune voci interne all’organizzazione siano più caute a considerare a tutti i costi la Russia come un avversario, ma anzi auspicano un negoziato che tenda a considerarla un partner, molti dei paesi considerano la Russia una minaccia per la propria integrità e indipendenza da contrastare inequivocabilmente. È il caso dei paesi baltici, che hanno all’interno significative minoranze russe, e della Polonia, al confine della quale la Russia possiede ancora un exclave, l’Oblast di Kalinigrad. È previsto per questo il rafforzamento della presenza NATO in Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania con militari statunitensi, tedeschi, inglesi e canadesi in funzione di deterrenza.

La questione più spinosa resta comunque la questione ucraina. La NATO ha riaffermato il suo supporto al governo ucraino di Petro Poroshenko e l’illegittimità dell’annessione della Crimea da parte della Russia. Le posizioni dell’alleanza e della Russia riguardanti la questione continuano ad essere inconciliabili, e il conflitto in corso nel Dombass, regione orientale del paese non sembra destinato ad estinguersi. Entrambe le parti in causa si scambiano accuse sul non rispetto degli Accordi di Minsk contestando continue violazioni di tregue e continue operazioni paramilitari da una parte e dall’altra.

La competizione riguarda inoltre anche il fronte Sud, con le problematiche del medio-oriente e dell’Africa Settentrionale. Le opinioni della NATO e della Russia divergono infatti anche sulla Siria, con la Russia irremovibilmente a fianco del governo di Bashar Al Assad. I contrasti con la Russia rimangono ma c’è la volontà di rispettare tutte le leggi e gli accordi militari convenzionali”, sostiene il segretario della NATO Jens Stoltenberg, in seguito ad un incontro con i rappresentati diplomatici russi.

Le conseguenze di questi disaccordi rendono la gestione delle crisi dei rifugiati e il contrasto al terrorismo dello Stato Islamico sicuramente più complicati.

Proprio per l’impegno contro il terrorismo è stata riconfermata la presenza militare in Afghanistan, l’addestramento dei soldati iracheni e conclusi alcuni accordi di cooperazione con paesi partner come Tunisia e Giordania.

Le due questioni, orientale e meridionale, com’è facile da intuire sono percepite con diverso grado di priorità da parte dei paesi membri. Italia, Grecia e Francia ad esempio non ritengono prioritario il contrasto alla Russia. Il presidente francese Hollande ha dichiarato che “la Russia non è né un avversario, né una minaccia”.

I paesi mediterranei in generale sono più preoccupati con le crisi migratorie e umanitaria nel mediterraneo, e dalla cosiddetta guerra ibrida o guerra asimmetrica, la possibilità cioè da parte delle organizzazioni terroristiche, come l’autoproclamato Stato Islamico, di condurre operazioni con pochi elementi senza la necessità di schierare in campo veri e propri battaglioni militari. Gli attentati che hanno caratterizzati gli ultimi 12 mesi a Parigi, a Bruxelles, ad Istanbul fino al recentissimo a Nizza dimostrano come anche paesi membri dell’Alleanza Atlantica possano essere colpiti con relativa facilità e che le tecniche per provocare morti tra la popolazione civile sono ben numerose e molto difficili da prevenire.

Il presidente americano Barack Obama sulla questione terrorismo ha affermato che “l’America si impegnerà più a fondo”, ma al contempo ha lanciato una critica agli alleati che non spendono negli armamenti il previsto 2% del PIL, soltanto 5 dei 28 paesi membri rispettano questo vincolo.

L’impegno più a fondo dell’America consiste, oltre che nell’addestramento dei militari iracheni, nell’invio di aerei radar che andranno a sorvegliare lo spazio aereo tra Siria e Iraq contro lo Stato Islamico, ma che più realisticamente verranno utilizzati per monitorare gli aerei russi e siriani, visto che il “califfato” non dispone di un’aviazione.

Una preoccupazione aggiuntiva per la coalizione è la cyberwarfare, cioè la possibilità di subire attacchi informatici ad infrastrutture critiche, come centrali energetiche, gasdotti, impianti di servizi idrici, elettrici ecc. Anche in questo caso sembra che il nemico più temibile sia la Russia piuttosto che l’ISIS.

La coalizione mai come ora avrebbe bisogno di unità per affrontare le molteplici sfide, eppure il clima teso europeo, sicuramente influenzato dalla Brexit, non può far altro che ripercuotersi anche nelle questioni militari. Nonostante le strettissime relazioni tra Unione Europea e NATO, l’uscita del Regno Unito (sempre contrario ad unione difensiva europea) potrebbe far pensare di riproporre l’istituzione di un organo difensivo europeo complementare alla NATO. Ad oggi tale ipotesi comunque rimane distante dalla possibilità di concretizzarsi.

La tensione che si percepisce in Europa dovrebbe però spingere i governi a collaborare concretamente insieme, almeno unendo gli sforzi di intelligence, per combattere più efficacemente il terrorismo ormai globale, e per evitare che una società immersa nel paura possa risvegliare i fantasmi dei nazionalismi esasperati che tanto hanno insanguinato il continente il secolo scorso, ma che sembrano stiano tornando prepotentemente di moda.

Dott. Giuseppe Difrancesco

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