Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha cercato di imporre la legge marziale. Nel giro di poche ore e nonostante l’esercito nelle strade, il Parlamento si è riunito e ha costretto il presidente a tornare sui suoi passi. I partiti di opposizione hanno deciso di accelerare il passo per la messa in stato d’accusa di Yoon, con il deposito della mozione di impeachment.
Introduzione.
Uno dei momenti più turbolenti nella storia recente della Corea del Sud. Il Presidente Yoon Suk Yeol ha dichiarato la legge marziale. In un discorso di emergenza alla nazione, ha motivato la sua scelta con l’intento di proteggere l’ordine democratico liberale da ciò che ha definito «forze anti-stato pro-coreane del Nord». L’annuncio è arrivato con un discorso televisivo notturno, lasciando il Paese in stato di shock. Nel giro di poche ore e nonostante l’esercito nelle strade, il Parlamento si è riunito, ha votato all’unanimità per annullare il provvedimento, ha convinto i militari a tornare nelle caserme e costretto il presidente a tornare sui suoi passi.
Quali aspetti hanno caratterizzato il mandato di Yoon?
Yoon ha vinto le elezioni con un margine molto risicato, lo 0,7% dei voti, poche migliaia in numeri assoluti. In politica estera, Yoon ha assunto una posizione intransigente nei confronti della Corea del Nord, abbandonando la strada del dialogo e della riconciliazione con Pyongyang; sul piano interno, non è riuscito a migliorare la situazione economica del Paese, non ha trovato misure efficaci per rallentare l’invecchiamento medio della popolazione e ha perso buona parte della sua credibilità personale a causa di varie gaffe e scandali.
In Parlamento, il People Power Party, al potere a Seul, e la principale forza d’opposizione, il Partito democratico (DPK), continuano a darsi battaglia sulla proposta di bilancio per il 2025: Yoon ha accusato il DPK di aver utilizzato le proposte di bilancio e le mozioni di impeachment come strumento politico per proteggere il loro leader, Lee Jae-myung, dall’accusa di corruzione che sta affrontando.
Una mossa, quella di Yoon, che sembra riflettere più la frustrazione politica del presidente che una reale necessità legata alla sicurezza. Dopo la sconfitta del PPP nelle elezioni legislative di aprile, Yoon si è trovato a “convivere” con l’Assemblea Nazionale dominata dall’opposizione (175 seggi contro i 108 del PPP): questo ha permesso all’opposizione di limitare l’azione legislativa e politica del Presidente e costringendo Yoon a servirsi più volte del suo potere di veto per pbloccare le manovre del DPK in parlamento. Veto che non può però essere utilizzato sulla legge di bilancio. L’incapacità di riuscire a portare avanti la propria agenda di riforme ha probabilmente spinto Yoon a tentare un colpo di mano, nel tentativo di rafforzare il proprio potere attraverso una manovra estrema, nel tentativo di risvegliare un sentimento patriottico nella popolazione, aizzandola contro lo spettro del “nemico esterno” (in questo caso i nordcoreani).
Quali conseguenze avrebbe avuto la legge marziale?
Con l’annuncio della legge marziale vengono vietate le attività politiche, tra cui le attività dell’Assemblea Nazionale, dei consigli locali, dei partiti politici, delle associazioni, delle assemblee e delle manifestazioni. È vietata la diffusione di notizie false, manipolazioni dell’opinione pubblica e propaganda ingannevole. Tutti i media e le pubblicazioni vengono sottoposti al controllo. Sono vietati scioperi, rallentamenti lavorativi, assemblee e qualsiasi atto che provoca disordini sociali.
A seguito delle dichiarazioni di Yoon, l’opposizione ha invitato tutti i suoi parlamentari a riunirsi con urgenza all’Assemblea Nazionale. Il parlamento ha poi votato con 190 voti a favore e 0 contrari per revocare la legge marziale. Non solo l’opposizione ma tutti i partiti si sono mostrati compatti nell’opporsi al colpo di mano di Yoon. Anche Han Dong-hoon, capo del PPP, ha votato contro la legge marziale, definendola «sbagliata». La legge marziale evoca ricordi in Corea del Sud e rimanda ai decenni passati e al periodo della lunga dittatura militare. Durante le dittature che si susseguirono dopo la guerra di Corea (1953), quando militari e carri armati insorgevano contro manifestazioni e proteste. E nel 1980, quando il generale Chun Doo-hwan impose una misura simile, culminata nel massacro di Gwangju, dove centinaia di civili persero la vita.
Le reazioni della comunità internazionale.
Molta la preoccupazione espressa dalla comunità internazionale per quanto sta accadendo in Corea del Sud. Gli Stati Uniti che pur confermando la propria lealtà di alleato al Paese, in una nota a forma del Dipartimento di Stato hanno scritto: “Accogliamo con favore la dichiarazione del presidente Yoon Suk Yeol, sulla revoca dell’ordine di proclamazione dello stato di emergenza e della legge marziale, in conformità con la Costituzione della Repubblica di Corea, dopo il voto unanime dell’Assemblea Nazionale che ha respinto la dichiarazione”. La Russia ha affermato di stare “monitorando attentamente” gli sviluppi della situazione, come pure il Giappone, il cui premier Ishiba ha dichiarato che il proprio governo sta “adottando tutte le misure possibili” per garantire la sicurezza dei cittadini giapponesi nel Paese.
Cosa potrebbe succedere?
Sono crescenti le richieste di dimissioni per il presidente Yoon: dalla popolazione scesa in piazza, dai sindacati che proclamano sciopero a oltranza e dall’opposizione che presenterà la richiesta di impeachment, che sarà votata il 6 o il 7 dicembre: per mettere il presidente sotto accusa sarà necessario il sostegno di due terzi del Parlamento. La proposta passerebbe poi alla Corte costituzionale, dove viene richiesta l’approvazione di almeno sei giudici. Durante il processo, per il presidente scatterebbe la sospensione dei poteri, fino alla sentenza. Nel periodo di vacanza, le responsabilità presidenziali sarebbero assunte dalla seconda carica istituzionale, cioè il primo ministro Han Duck-soo.
La crisi sudcoreana giunge inoltre in un contesto già segnato dal crescente antagonismo tra le due Coree e dall’intensificarsi delle rivalità geopolitiche globali: parte della popolazione del Sud vorrebbe la riunificazione con il Nord, fatto che qualora avvenisse comporterebbe implicazioni a livello politico ed economico internazionale. La crisi è alimentata anche dalla transizione di governo alla Casa Bianca, con il neo eletto presidente Donald Trump che vorrebbe aprire al dialogo con Pyongyang per cercare una forma di stabilizzazione internazionale delle problematiche tra i due Stati.
Dott. Federico Pani
You may also like
-
Taiwan: cosa accadrà con la presidenza Trump?
-
L’India tra passato, presente e futuro
-
Taiwan e China. Recalibragem entre a Ambiguidade Estratégica e a One China Policy?
-
Il cyberspionaggio cinese rimarrà solido ed espansivo nel sud-est asiatico
-
Nuove minacce testano l’approccio della Nuova Zelanda all’invasione cinese