14 Luglio di terrore a Nizza. La Francia ancora nel chaos

Durante le fasi conclusive dei festeggiamenti del 14 Luglio, festa nazionale francese, a Nizza un camion entra lanciato a tutta velocità sulla gente che era sul lungomare a guardare i fuochi d’artificio. Più di 80 morti e un centinaio di feriti il bilancio delle vittime. L’attentatore, un franco-tunisino, è stato ucciso subito dopo. La Francia continua a vivere un periodo estremamente complesso e violento, la cui fine non sembra prossima.


La Francia attraversa uno dei periodi più bui della sua storia. Archiviati gli europei di calcio che per qualche settimana hanno assunto il compito di dare una parvenza di normalità alla popolazione, nonostante le vibranti potreste in corso in tutto il paese contro l’approvazione della Loi Travail, che ha tenuto occupati i reparti antisommossa della polizia francese per più di due mesi, un nuovo attentato terroristico, che colpisce ancora una volta la popolazione civile indifesa, scuote la società europea e globale.

Questa volta le accuse contro il sistema di intelligence e di sicurezza francese sono più insistenti e dovute che in passato, dato che la possibilità di attentati non è più una novità come tristemente ci accorgemmo il giorno degli attentati di Charlie Hebdo, quando tutta Europa ebbe la sensazione di avere la “guerra in casa”, sensazione che fu poi definitivamente confermata dagli attentati di Parigi, in cui a essere presi di mira non furono i redattori di un giornale irriverente e satirico, ma dei semplici cittadini che stavano consumando la propria normalità in ristoranti del centro e al concerto degli “Eagles of death metal” al teatro Bataclan.

Forse, la sicurezza francese ha allentato un po’ la guardia dopo la fine degli europei, evento che era sicuramente considerato a rischio attentati, ragion per cui sono state adottate misure di sicurezza straordinarie, e ha sottovalutato la possibilità di attacchi durante la festa nazionale. Le critiche ovviamente sono facili da fare e probabilmente anche giuste, ma il lavoro da svolgere per le unità antiterrorismo delle forze dell’ordine francesi non è semplice.

Il contrasto ad azioni terroristiche di questo tipo (azioni perpetrate da poche persone, spesso auto-addestrate ed auto-finanziate) è estremamente difficile, sia nella sua previsione, sia nel suo contrasto. Purtroppo un controllo totale atto a vanificare qualsiasi tentativo terroristico è quasi irrealizzabile, ed anche se lo fosse, comporterebbe inevitabilmente la rinuncia a quasi tutte le libertà tipiche della società occidentale, cosa che in un certo senso significherebbe di per se una sconfitta contro il terrorismo. Le reazioni a quest’ennesimo attentato però non tarderanno ad influenzare la nostra vita.

In ballo sembra esserci molto più della quotidianità francese, ma il tipo di società che si affermerà in Europa nei prossimi decenni. Saremo ancora la società liberale che garantisce la libertà a tutti gli individui senza distinzione di razza, religione e fede politica? O imboccheremo la via autoritaria del controllo sulle persone, soprattutto se straniere e musulmane, e della chiusura delle frontiere?

La società occidentale sembra piuttosto divisa a tal proposito. Da un lato sembra inevitabile che questa situazione faccia accrescere enormemente il potenziale elettorato di partiti di estrema destra, che fanno della lotta allo straniero e al musulmano il proprio cavallo di battaglia. Il Front Nationale di Marine Le Pen ha accresciuto negli ultimi 2 anni i propri voti in maniera enorme, così come altri partiti simili in altri paesi. Dall’altro lato chi ricorda quanto danno i nazionalismi hanno causato nel XX secolo all’Europa sostiene la necessità di cambiare profondamente il sistema politico ed economico globale per calmare la situazione mantenendo la tradizionale forma liberale dello stato moderno. I primi ad oggi sembrano essere avvantaggiati sui secondi.

La storia però può aiutarci a leggere gli avvenimenti con un po’ più di razionalità, anche se è davvero difficile non lasciarsi influenzare dalle forti sensazioni drammatiche che ci trasmettono i filmati degli attentati, che nel mondo della tecnologia e dei social accompagnano le nostre giornate.

La Francia ha già passato un momento storico in cui il proprio territorio è diventato teatro di attentati e precisamente facciamo riferimento agli anni della guerra di indipendenza algerina. Il Front de Liberation Nationale (organizzazione rivoluzionaria con ideologie socialiste il cui scopo era ottenere l’indipendenza dell’Algeria dal colonialismo francese) ad un certo punto della sua storia di lotta, decise che per ottenere dei risultati concreti era necessario cambiare strategia, e invece di continuare ad organizzare manifestazioni ed attentati a danno dei francesi in Algeria, bisognava portare la guerra in Francia, e fu così che iniziarono attentati nei café francesi a danno della popolazione civile. La risposta francese fu dura e brutale ed anche gruppi paramilitari come la famosa OAS (Organisation Armée Secrète) iniziarono una serie di azioni repressive per assicurare il controllo francese sull’Algeria. La tensione crebbe in maniera così forte che si rischiò il colpo di stato in Francia, ma l’intervento di De Gaulle calmò i settori militari inquieti. Nel ‘62 comunque l’indipendenza dell’Algeria venne riconosciuta e gli attentati terminarono.

Nella situazione attuale però quello che viene chiesto alla Francia dai terroristi non è ben chiaro. Non sembra casuale che la Francia sia stata colpita più di altri stati e proprio per questo la spiegazione della Jihad contro lo stile di vita occidentale appare poco credibile. Bisognerebbe probabilmente indagare la politica estera francese degli ultimi anni, a partire dalla decisione dell’intervento in Libia, fino all’intervento nel contesto siriano per fare un po’ di luce sulle ragioni di un così brutale accanimento. La sensazione è che i jihadisti e i fanatici religiosi fungano da braccio ad una mente (ed un portafoglio) poco interessata alle guerre sante ma piuttosto interessata alla gestione autonoma della regione mediorientale.

Ma chi è questa mente (e questo portafoglio)? La Turchia? Le petromonarchie saudite? La Siria? L’Egitto? La Libia? L’Iraq? Oppure qualche partner “occidentale” che indirettamente manda segnali al governo francese?

Purtroppo così come il lavoro delle forze di sicurezza francese, anche il lavoro degli analisti politici è molto complicato, trovando difficoltà anche a causa della segretezza in cui le questioni di politica estera sono sempre mantenute.

L’unica certezza che si può avere è che un tipo di guerra asimmetrica come questa può protrarsi anche per 50 anni, come una infinita tecnica di “guerrilla” contro obiettivi difficilmente difendibili e poco efficaci dal punto di vista militare, ma molto impattanti dal punto di vista mediatico. Qualcuno probabilmente per far cessare questa “guerrilla” si aspetta qualcosa in cambio dalla Francia. Nel frattempo la polizia e le forze di sicurezza francese dovranno ampliare la capacità di controllo su possibili obiettivi e iniziare una complessa opera di infiltrazione negli ambienti dove i terroristi si organizzano. Questo implica quindi sia il controllo del territorio che del cyberspazio, nell’attesa che dall’alto si prendano decisioni atte a diminuire la conflittualità.

A malincuore devo però ammettere che a mio parere il chaos è soltanto all’inizio, e la guerra asimmetrica si trasformerà in una grande guerra civile globale, o perlomeno multi-regionale, dove religioni, ideologie politiche ed economiche, nazionali e internazionali si fronteggeranno senza esclusioni di colpi e senza territori definiti per il controllo globale del terzo millennio. Spero vivamente di sbagliarmi.

Dott. Giuseppe Difrancesco

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