Due anni dopo lo scoppio degli scontri militari tra l’Esercito federale etiope ed il TPLF, il 2 novembre 2022 le parti hanno siglato un accordo di cessazione delle ostilità con la mediazione dell’Unione africana. Vediamone alcuni punti chiavi e le sfide per la sua attuazione.
Un breve contesto
L’Etiopia è piombata in un conflitto militare nel novembre 2020 a seguito di disaccordi tra le autorità federali e il TPLF, la forza dominante nella regione del Tigray, in merito al rinvio delle elezioni generali da parte del governo del Primo Ministro Abiy Ahmed, inizialmente previste per l’agosto 2020 e posticipate per la pandemia di Covid-19.
Contraddetto dalla decisione del governo federale, il TPLF ha tenuto nel settembre dello stesso anno le proprie elezioni locali, che sono state successivamente ritenute incostituzionali dalle autorità federali, peggiorando il già fragile clima di stabilità politica e di fiducia reciproca tra l’entourage federale e quello locale, in corso dall’avvento al potere di Abiy Ahmed nel 2018, le cui riforme che mirano “a favorire la transizione dell’Etiopia da uno stato autoritario a una democrazia inclusiva” (cfr. Simon Marks e Abdi Latif Dahir, 10.09.2020. NYT) hanno minato in modo sostanziale l’influenza che il TPLF aveva a livello del potere statale dal 1991, quando rovesciò il regime del Derg, guidato da Menghistu Mariam in carica sin dal colpo di Stato del 1974 ai danni dell’imperatore Hailé Selassié.
Infatti, Meles Zenawi, figura centrale del TPLF, ha governato l’Etiopia dalla fine di quel regime socialista fino alla sua morte nel 2012, e “Tutte le elezioni politiche che seguiranno – dal 1995 al 2010 – vedranno la costante affermazione del leader tigrino e della sua coalizione, l’Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front (Eprdf)” (Cfr. Matteo Guglielmo, 10.09.2012, in Limes).
Pertanto, sebbene il rinvio delle elezioni generali del 2020, poi realizzate nel luglio 2021 e vinte dallo stesso Primo Ministro Abyi Ahmed, abbia dato luogo ad un’esacerbazione della crisi di relazioni tra Addis Abeba e Macallè, in realtà succede in un contesto di crescente insoddisfazione del TPLF, segnato tra l’altro dalla “disintegrazione” dell’EPRDF e la sua quasi confluenza nel Prosperity Party guidato da Ahmed, percepito come un’ulteriore dimostrazione dell’indebolimento del dominio del Tigray sul potere nazionale etiope, in una società in cui la polarizzazione etnico-identitaria costituiva già prima di Ahmed e costituisce tuttora un fattore di accesso ed esercizio del potere. Tutto sommato, la minoranza del Tigray, che rappresenta poco più del 7% della popolazione etiope, si era ristabilita come ago della bilancia negli ultimi trent’anni.
La mediazione del conflitto
La cessazione delle ostilità tra le parti è stata mediata dall’Alto rappresentante dell’Unione africana per il Corno d’Africa, l’ex presidente nigeriano Olosengo Obasanjo, assistito da Uhuru Kenyatta, ex presidente del Kenya e membro del gruppo di esperti, e dall’ex vicepresidente del Sudafrica Phumzile Mlambo Ngcuka, anch’essa membro del gruppo e ospite. La delegazione etiope era guidata da Redwan Hussien, consigliere per la sicurezza nazionale, e quella del Tigray da Getachew Reda, consigliere delle autorità locali del Tigray e membro del comando del TPLF, tutti firmatari dell’accordo.
La mediazione dell’Ua si è basata su due presupposti: in primo luogo, quello della soluzione africana ai problemi africani, come sottolineato da Obasanjo durante l’annuncio dell’accordo alla stampa a Pretoria; in secondo luogo, il fatto che l’Etiopia è la sede dell’Ua stessa e il fallimento dei negoziati con essa significherebbe il fallimento dell’Unione africana.
Le parti hanno concordato
In sostanza, il testo dell’accordo scritto in 9 pagine, contenente un preambolo e 15 articoli, prevede, tra l’altro:
1.La cessazione immediata e permanente delle ostilità (artt. 1 e 2) dalla mezzanotte del 3 novembre 2022 (art. 14) come precondizione per l’instaurazione della pace;
2.L’osservazione dei principi costitutivi dell’accordo, tra cui il rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’unità dell’Etiopia, la legalità, i diritti umani, l’assistenza umanitaria esclusivamente dedicata all’assistenza umanitaria e il rispetto dei civili (art. 2);
3.Il disarmo, la smobilitazione e il reinserimento (DSR) dei combattenti del TPLF nelle Forze Armate della Repubblica Federale e Democratica di Etiopia, in quanto uniche forze repubblicane del Paese (art. 6);
4.Il ripristino dell’autorità dello Stato federale nella regione del Tigray e la partecipazione dei rappresentanti del Tigray alle strutture dell’autorità federale a livello locale (art. 9);
5.La creazione di meccanismi di monitoraggio, verifica e conformità composti dalle parti e da rappresentanti dell’IGAD e dell’Ua (art. 11);
6.La creazione di un Comitato di lavoro misto per l’attuazione dell’accordo (art. 13).
Le sfide
Se è vero che la riforma democratica e pluralista dell’attuale governo etiope può essere stata percepita come un ulteriore indebolimento dell’influenza del Tigray nel potere centrale e nella società etiope, allora la percezione da parte della leadership tigrina della sua presunta esclusione e marginalità politica persisterà, rendendo permanente il rischio di un ritorno all’instabilità politico-militare nel Paese ospite dell’Unione africana. Una via d’uscita da questo rischio comporterebbe, da un lato, continuare a garantire la partecipazione delle figure più rappresentative del Tigray alle strutture di potere centrali, anche se in posizioni simboliche o di minore rilevanza strategica per la stabilità del governo; dall’altro, indire elezioni legislative speciali che consentano la partecipazione del TPLF al parlamento federale, visto che le elezioni del luglio 2021 non si sono svolte in Tigray, dato il conflitto in corso dal novembre 2020.
Oltre a questa urgente sfida politica, il successo del DSR determinerà il successo dell’intero accordo di cessate il fuoco e della costruzione della pace. Pertanto, occorre una maggiore attenzione da parte di entrambe le parti e dei rappresentanti dei meccanismi di monitoraggio, verifica e conformità dell’IGAD e dell’Ua, assicurando che la tempistica prevista sia scrupolosamente rispettata e che i combattenti del TPLF siano pienamente integrati nelle Forze Federali, eventualmente monitorati da un meccanismo etiope ad hoc che ne garantisca la lealtà e il patriottismo nei confronti dello Stato etiope, della sua sovranità e integrità territoriale, come previsto dall’articolo 2 dell’attuale accordo e dalla Costituzione federale.
Infine, in un momento in cui l’Etiopia si trova ad affrontare lo spettro del conflitto politico e diplomatico sulla Grande Diga del Rinascimento Etiope, che le autorità di alcuni Stati rivieraschi sostengono che avrà un’influenza negativa sul corso del Nilo, così come altre sfide di un ambiente internazionale sempre più volatile, in una regione in cui abbondano le basi militari straniere, l’Etiopia dovrà mantenere la sua unità e coesione interna, e le sue forze di difesa e di sicurezza devono consolidare ulteriormente l’unità di intenti di fronte ai possibili pericoli di destabilizzazione interna dall’interno o dall’esterno, mentre gli sforzi di mediazione dell’Ua devono essere preventivi, proattivi ed efficaci, non da ultimo per il simbolismo che l’Etiopia rappresenta per l’intera unità africana in seno o all’infuori dell’Unione africana.
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