Il Messico come terra di mezzo nel narcotraffico internazionale


Nel 2006 il presidente messicano Felipe Calderón avviava una massiccia operazione militare contro i narcotrafficanti di droga per contrastare una volta per tutte la loro attività. Vediamo alcuni punti salienti della questione e qual è la situazione attuale nel paese.


Il contesto interno

Il Messico è un paese che si trova geograficamente a metà strada tra gli Stati Uniti e l’America Centrale, conosciuto per le rovine Maya e le spiagge paradisiache. Allo stesso tempo però è anche la sede produttiva e operativa dei narcotrafficanti più influenti al mondo. Da molti anni infatti il paese è teatro di un duplice scontro: da una parte, le organizzazioni criminali che si scontrano con lo Stato, il quale tenta di arginare il loro operato attraverso strategie di sicurezza interna ed esterna, dall’altra, i vari cartelli che si contendono il dominio sui territori e sul mercato illegale.

Nel 2006, il presidente Calderón decide di intervenire con una serie di operazioni militari nelle aree sottoposte al controllo dei cartelli per contrastare la loro attività criminale.

Nonostante questa azione sia stata avviata con lo scopo di rendere il paese più sicuro, ebbe sulla popolazione un effetto contrario, dovuto: in primo luogo, alla nutrita presenza dei militari per le strade delle città, impegnati in scontri a fuoco con i cartelli; in secondo luogo, alla sanguinosa contesa tra questi ultimi per incrementare il numero delle zone controllate.

A questo punto, appare opportuno domandarsi: come mai l’operazione avviata da Calderón non ha frenato l’ondata di violenza? Possiamo sintetizzarne le cause in due punti:

  1. I militari trovarono difficoltà nell’affrontare la potenza di fuoco dei cartelli e la loro organizzazione, non riuscendo a mitigare la pratica della corruzione, un’insidia ancora difficile da fronteggiare;
  2. Nel paese si registrava un elevato numero vittime (membri dei cartelli, militari e civili). Questo risultato ricevette molte critiche dalla comunità internazionale e dalla popolazione locale che viveva con apprensione la presenza dei militari e gli scontri tra quest’ultimi e i cartelli.

Il Messico come crocevia dei mercati illegali internazionali

Se da una parte, le frontiere sono controllate dagli agenti federali, dall’altra, droghe come cocaina, eroina, marijuana e fentanyl riescono comunque ad oltrepassare i confini nazionali. I narcotrafficanti infatti tentano di aggirare i blocchi militari di terra scegliendo le vie marittime. Inoltre, la continua ricerca da parte dei narcotrafficanti circa le modalità di occultamento e trasporto della droga rappresenta una sfida continua per gli agenti, i quali devono impedire che la merce arrivi a destinazione. Secondo il World Drug Report 2022 pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, il Messico è stato identificato come uno dei paesi di origine e di transito del traffico di cocaina nel quinquennio 2016-2020.
L’attività dei narcotrafficanti continua ad esercitare una grande influenza sia all’interno del paese che a livello internazionale. 

La cooperazione con gli Stati Uniti d’America

Se da una parte, le autorità messicane lavorano per contrastare la produzione di droga interna al paese ed evitano che questa possa fuoriuscire dai confini nazionali, dall’altra, le autorità statunitensi di frontiera cercano di individuare la merce sospetta e sequestrare quella incriminata. Infatti, le droghe come cocaina, eroina e fentanyl che vengono prodotte e/o transitano in Messico, sono anche contrabbandate illegalmente negli Stati Uniti. A questo proposito, nel 2022, l’amministrazione Biden-Harris pubblicava un piano strategico, il National Drug Control Strategy in cui venivano indicate le azioni e gli obiettivi da raggiungere entro il 2025 per contrastare l’uso delle sostanze stupefacenti nel paese.

Una sfida aperta

A distanza di sedici anni dall’operazione militare avviata da Calderón, il traffico degli stupefacenti che ha origine e/o transita per il Messico rappresenta ancora oggi un’ulcera intestina.

Nel corso degli anni, sia gli Stati Uniti che il Messico hanno potenziato i rispettivi livelli di sicurezza interna ed esterna sventando traffici milionari ed evitando che una parte dei carichi arrivasse sul mercato internazionale. Questo ha permesso, da un lato, sia di ridurre la disponibilità di droga sul mercato che il consumo da parte degli acquirenti, dall’altro, di limitare il guadagno delle organizzazioni criminali. Tuttavia, i due paesi si trovano oggi a fronteggiare problemi interni. In Messico, i narcotrafficanti controllano ancora aree molto estese di territorio dove si verificano scontri sia tra i cartelli che tra questi ultimi contro le forze armate, danneggiando anche il turismo dal momento che alcune zone del paese sono considerate “off-limits” dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. In particolare, negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno condannato la notevole quantità di fentanyl che arriva nel paese, rappresentando questa una delle principali cause di morte per overdose. Attraverso il Federal Drug Control Budget 2022 menzionato nel piano strategico statunitense, l’amministrazione Biden-Harris ha destinato 40 miliardi di dollari sulle strategie antidroga e ribadisce l’impegno congiunto con il Messico di contrastare le minacce comuni.

Monica Mei

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