L’Onu vota compatto la fine dell’embargo degli Usa contro Cuba. La fine si avvererà stavolta?


È pratica annuale che l’Assemblea generale delle Nazioni unite voti risoluzioni che appellano alla fine dell’embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati uniti a Cuba più di 60 anni fa. Di fronte al quasi unanime sostegno internazionale all’ultima risoluzione, approvata il 2 novembre 2023, questa volta gli Stati uniti aboliranno l’embargo o continueranno a ignorare gli appelli della comunità internazionale?


Sintesi della rivoluzione cubana e dei suoi effetti

La rivoluzione cubana del 1959, guidata da Fidel Castro e dai suoi compagni contro il regime di Fulgencio Baptista, permise l’instaurazione di un potere rivoluzionario che via a via assunse una natura socialista a Cuba e la conseguente nazionalizzazione di aziende, beni e proprietà terriere all’epoca posseduti da investitori stranieri, compresi imprenditori statunitensi, provocando l’embargo economico, commerciale e finanziario attuato dall’Amministrazione Eisenhower nel 1960 (embargo parziale) aggravato dall’Amministrazione Kennedy nel 1962 (embargo totale), e rafforzato dalle amministrazioni successive, con l’eccezione forse dell’Amministrazione Obama, che aveva iniziato un lento processo di normalizzazione delle relazioni con Cuba, ma che è stato successivamente annullato dall’Amministrazione Trump.

Le ragioni strategiche dell’embargo dagli archivi declassificati degli Usa

I documenti declassificati sull’embargo sia parziale che totale mostrano quali fossero state le intenzioni e gli obiettivi dell’Amministrazione Eisenhower. L’Archivio della Sicurezza Nazionale ha reso pubblico su internet un Memorandum dell’ex Assistente Segretario del Dipartimento di stato, datato 6 aprile 1960, in cui, tra le altre cose, suggeriva di “(…) negare denaro e rifornimenti a Cuba, abbassando i salari monetari e reali, causando carestia, disperazione e il rovesciamento del governo” (Fonte: Archivio della Sicurezza Nazionale), aggiungendo che “L’elemento principale della nostra arma economica sarebbe un’autorità flessibile nella legislazione sullo zucchero. È necessario riflettere con urgenza su questo tema. Dovrebbero essere esplorate anche tutte le altre strade” (ibidem).

Se la negazione dell’accesso ai capitali aveva lo scopo di fomentare una ribellione interna per indebolire e rovesciare il regime castrista, l’embargo sulle importazioni di zucchero cubano negli Stati uniti fu una delle prime e più efficaci misure di embargo economico e commerciale. Nella stessa nota si legge che l’embargo sulle importazioni di zucchero da Cuba, “(…) vendite che rappresentavano circa l’80% delle esportazioni cubane di zucchero” (Cfr. Archivio della Sicurezza Nazionale), avvenne quando “Fidel Castro nazionalizzò le compagnie petrolifere statunitensi e britanniche per essersi rifiutate di raffinare il petrolio sovietico” (ibidem).

In un’azione caratterizzata dalla predisposizione a misure reciproche tra L’Avana e Washington D.C., il divieto di importazione dello zucchero portò il leader cubano a nazionalizzare “(…) la maggior parte delle aziende americane presenti sull’isola e Eisenhower vietò tutte le esportazioni americane a Cuba, tranne quelle di cibo e medicinali” (ibidem). In effetti, la parzialità dell’embargo approvato dall’Amministrazione Eisenhower consiste nell’idea che esso non proibisse l’esportazione di medicinali e prodotti alimentari a Cuba.

Tuttavia, come si legge nel memorandum sopra citato, la parzialità delle misure adottate finora non escludeva la possibilità di approvarne di nuove e di peggiorare la situazione delle relazioni commerciali tra Stati uniti e Cuba. E sarà l’Amministrazione Kennedy ad approvare l’embargo totale, mantenendo valide solo le esportazioni alimentari. Ma si tratta di un embargo totale sulle relazioni commerciali bilaterali tra Cuba e gli Stati uniti. La nota dell’Archivio di Sicurezza Nazionale afferma che fu l’Amministrazione Nixon a rendere l’embargo multilaterale (ibidem), coinvolgendo sia gli Stati del continente americano che quelli del continente europeo, con uno o più Stati terzi che rifiutarono di aderirvi.

Critiche internazionali all’embargo statunitense su Cuba

Considerando l’avvento della fine della Guerra fredda e le opportunità di cooperazione economica internazionale, compresa la creazione dell’OMC nel 1995, di cui Cuba è uno Stato parte (si veda OMC), l’Assemblea generale delle Nazioni unite ha discusso e approvato risoluzioni di questo tipo da almeno 1992. In quell’anno ha approvato la risoluzione A/RES/47/19, del 24 novembre, con 59 voti a favore, 71 astensioni, 3 voti contrari (Stati uniti, Israele e Romania) e 46 non votanti, per un totale di 179 Stati o voti, in cui si chiedeva a tutti gli Stati membri delle Nazioni unite “(…) ad astenersi dal promulgare e applicare leggi e misure del tipo indicato nel preambolo della presente risoluzione, in conformità con gli obblighi assunti in base alla Carta delle Nazioni Unite e al diritto internazionale, e con gli impegni liberamente assunti con l’adesione a strumenti giuridici internazionali che, tra l’altro, riaffermano la libertà di commercio e di navigazione” (Fonte: UN Digital Library).

Mentre la risoluzione A/RES/47/19 ricevette soli 59 voti a favore, le risoluzioni successive hanno ottenuto un maggiore sostegno, anche da parte di Stati tradizionalmente allineati con le politiche statunitensi. Nella più recente risoluzione A/78/L.5, approvata il 2 novembre 2023, ci sono stati 187 voti a favore, contro 2 contrari (Stati uniti e Israele), 1 astensione (Ucraina) e tre non votanti (Moldavia, Venezuela e Somalia), il che la rende forse la risoluzione più consensuale nella storia delle Nazioni unite, sia in relazione all’embargo sia in relazione alle altre questioni approvate finora dall’Assemblea generale.

La risoluzione A/78/L.5, oltre ai relativi e ripetuti appelli alla fine dell’embargo, ha evidenziato alcune note volte alla normalizzazione delle relazioni adottate dall’Amministrazione Obama, annullate dall’Amministrazione Trump, sottolineando nel preambolo “Ricordando inoltre le misure adottate dall’esecutivo degli Stati Uniti d’America nel 2015 e nel 2016 per modificare vari aspetti dell’applicazione dell’embargo, che contrastano con le misure applicate dal 2017 per rafforzarne l’applicazione” (si veda UN Digital Library).

Tuttavia, a 63 anni dall’embargo e a 31 anni dall’approvazione delle risoluzioni d’appello delle Nazioni unite, gli Stati Uniti lo mantengono, anche se sembra che non abbiano concretizzato tuttora gli obiettivi strategici inizialmente previsti (il rovesciamento del regime/socialismo castrista) e ciò stia minando la loro autorità morale nel contesto internazionale in temi di cooperazione allo sviluppo e si trovano sempre più isolati nei forum internazionali quando si tratta dell’embargo, perdendo addirittura il sostegno diplomatico che avevano ottenuto dai alleati europei nel corso dei decenni. In breve, sull’embargo contro Cuba, gli Stati Uniti appaiono sempre più diplomaticamente isolati nell’arena internazionale.

I tentativi di porre fine all’embargo nell’Amministrazione Obama

È evidente che dall’Amministrazione Eisenhower, le amministrazioni che si sono succedute hanno contribuito a rafforzare e mantenere l’embargo contro Cuba, nella speranza che le sue ragioni strategiche si concretizzassero. Fa eccezione l’Amministrazione Obama che, a seguito delle osservazioni di studiosi e funzionari federali sull’inefficacia dell’embargo dopo oltre 50 anni, nel 2014 venne firmato un accordo per la normalizzazione delle relazioni con Cuba e nel marzo 2016 presidente Obama effettua una visita di Stato a Cuba, la prima di un presidente statunitense dall’avvento del regime castrista nel 1959, in uno sforzo diplomatico volto a “(…) rendere irreversibile il processo di normalizzazione” (Fonte: Andrew Glass. President Obama Visits Havana, March 20, 2016. In Politico, 20/03/2019).

Tuttavia, mentre l’Amministrazione Obama intendeva normalizzare le relazioni con Cuba sulla base di un realismo pragmatico, l’Amministrazione Trump ha invertito alcune delle politiche del suo predecessore, forse spinta più da calcoli elettorali con la base elettorale cubano-americana che da una politica che porti vantaggi strategici agli Stati Uniti a lungo andare.

Oltre a questi tentativi falliti a livello statunitense riguardanti la normalizzazione delle relazioni con Cuba, che in ultima analisi avrebbero portato alla graduale eliminazione dell’embargo economico, commerciale e finanziario che grava su di essa da più di sessant’anni, la comunità internazionale ha fatto sentire la sua critica alla persistenza di El bloqueo, alla sua illegalità agli occhi del diritto internazionale in quanto misura unilaterale degli Stati uniti, al danno economico causato a Cuba e al benessere del suo popolo.

In breve, il mantenimento dell’embargo commerciale, economico e finanziario nei confronti di Cuba sta diventando sempre più una mera contrapposizione ideologica, senza alcun vantaggio strategico e reale per gli Stati uniti, né contribuisce al loro prestigio internazionale quando si tratta di Cuba. Allo stesso tempo, mentre il resto degli Stati del mondo è solidale con Cuba in un mondo sempre più multipolare, le principali potenze economiche e militari rivali degli Stati uniti sembrano determinate a mantenere canali commerciali alternativi, annullando gradualmente gli effetti dell’attuale embargo.

Issau Agostinho

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