Angola e Mozambico, tra la volontà popolare e l’élite politica

La formazione degli stati moderni post-illuministi del XVIII secolo derivava da una dialettica tra classi dominanti e dominate, cioè tra l’élite dell’establishment politico, economico, militare e ideologico e le masse popolari, che secondo Marx costituivano ciò che egli designava come “esercito di riserva”, privo di capitale.


   Ma prima di raggiungere il diciannovesimo secolo e l’influenza che l’idealismo hegeliano aveva sulla formazione del socialismo marxista, e l’impatto che avrebbe avuto nel XX secolo sulla formazione dei movimenti indipendentisti africani, in particolare in Angola e Mozambico, il concetto di élite in questa presentazione non è usato in antitesi alla prospettiva di Weber, ma piuttosto come completezza di una delle tre tipologie di leadership che lo stesso propone: cioè, il termine élite in questa sede assume la dimensione della leadership carismatica, e non di quella tradizionale.

   La ragion d’essere della leadership carismatica è utile a capire meglio il tipo di relazione che verrà mantenuta tra le forze dominanti e le masse dominate, cosa che avviene non attraverso il riconoscimento dell’autorità morale superiore delle prime forze, ma in contraddizione con le idiosincrasie delle popolazioni locali, che delegittima in una certa misura tale autorità durante un dato periodo storico di esistenza o addirittura di creazione dei movimenti di liberazione nazionale nei due paesi.

   Quindi, per mancanza di riconoscimento dell’autorità carismatica che i leader hanno assunto, questo fatto rivela che già nella loro essenza i movimenti di liberazione sono nati più dalla volontà delle élite installate, e che in questa fase può essere considerata un’élite civica (e non politica né ideologica né economica) della volontà delle masse popolari che sono la maggioranza della popolazione, dati i dati avanzati da Bruce e Becky che indicano che nel 1950, su circa 4 milioni di africani angolani, meno di 31.000 erano assimilati, con diritti civili.

   Questa élite, che è emersa spesso attraverso il sostegno fornito da congregazioni religiose e missionari protestanti e cattolici presenti nelle ex colonie, sembra inizialmente essere stato uno strumento di ausilio alla colonizzazione, poi sono erano ritenuti assimilati e molti di essi studiavano nelle università nella metropoli negli anni 30,40 e 50 del XX secolo, dove i futuri leader del movimento indipendentista si incontravano nella Casa degli studenti dell’Impero. Solo più tardi, nel secondo dopoguerra, l’élite civica divenne un’élite politica, con aspirazioni sovrane sui territori nazionali ancora sotto occupazione. 

   Con felice coincidenza di eventi, il contatto tra gli studenti dell’impero nella metropoli ha luogo nel momento in cui il movimento pan-africano era nella sua fase di massimo splendore, che avrebbe influenzato la creazione del MAC-Movimento anticoloniale ed il suo manifesto del 1960, i cui leader saranno alla conferenza di tutti i popoli dell’Africa in Ghana nel 1958, che ha gettato le basi per l’OUA.

   L’emergere di movimenti indipendentisti come MPLA, FNLA in Angola e FRELIMO in Mozambico darà ancora più slancio alle aspirazioni per la libertà in quei paesi, ma anche un maggiore consolidamento delle élite, che a questo punto riconosciute e legittimate dall’OUA negli anni ’60 (GRAE, 1963) e 70 (MPLA).

   Con le indipendenze nazionali, ottenute nel 1975, questi movimenti (MPLA e FRELIMO) assumono il potere politico, nonostante le divergenze che avrebbero avuto con i loro rivali storici, basate su fattori di natura etnocentrica e programmatica, e in seguito anche ideologica in funzione delle alleanze che avrebbero stabilito con l’Occidente o con l’Oriente, in un ambiente di ambiguità e di Guerra Fredda, e ciò si è verificato sia durante la lotta anti-coloniale sia durante la fase di governo, la cui autorità era indiscutibile almeno nella capitale e in altri centri urbani sia in Mozambico che in Angola. 

   Così, con l’élite già stabilita che divenne potere statale, acquisendo dimensioni militari (élite militare), economiche (borghesia socialista), politiche e ideologiche (socialista o marxista) la volontà generale non accadrà come Montesquieu avrebbe preferito, al contrario, la massa del popolo è completamente assorbita e controllata dall’élite politica stabilita, e il particolare desiderio di sopravvivenza dello stato viene a dominare. Ad esempio, con la rivolta del 27/05/1977 la forza della ragion di stato angolano era evidente contro dei movimenti contestatari.

   Nel corso dei decenni successivi, fino alla metà degli anni ’90, non ci si trovava, infatti, di fronte ad una sorta di regime repubblicano, partecipativo e garante del suffragio universale, ma in una logica di democrazia popolare e di centralismo democratico ereditato, come dirà Oye Ogubandejo, dal socialismo moscovita, che è rimasto tale nonostante il non allineamento dichiarato pubblicamente, che è ancora dicotomico! E questo spiega bene l’influenza del socialismo in questi movimenti! 

   Come se non bastasse, la fase di maggior splendore e di espansione dell’elitismo avviene proprio alla fine della Guerra Fredda, quando attraverso gli accordi di pace tra FRELIMO e RENAMO in Mozambico, e tra l’MPLA e UNITA in Angola, questi regimi elitari acquisiscono la legittimità dei movimenti che nel corso degli anni li hanno sfidati, poiché una delle clausole era esattamente il riconoscimento della legalità del governo installato. 

   Poiché si trattava di un periodo che coincide con l’emergere di correnti neoliberiste sia nel campo politico che in quello economico, le rispettive élite adottarono leggi o fecero riforme costituzionali per consentire elezioni politiche generali pluripartitiche e libere iniziative economiche, ma ciò non significava la loro perdita di potere, o alternanze di diverse forze politiche, siano esse popolari o elitarie.

   Di conseguenza, le diverse tornate elettorali in Mozambico (1994, 1999, 2004, 2009, 2014) e in Angola (1992, 2008, 2012 e 2017) sono state successivamente vinte dagli stessi partiti che hanno governato quei paesi dall’indipendenza in 1975. E da qui sorgono due letture:

1 – Secondo Dahl quando sono sempre gli stessi partiti a vincere le elezioni, sorgono dubbi sulla competitività del sistema … e infatti, i principali partiti sconfitti si sono sempre lamentati delle frodi elettorali, con giusta causa o meno. 

2 – Oppure le masse popolari ignorano l’importanza dell’alternanza politica per la sopravvivenza del sistema democratico. 

   Inoltre, il fatto è che le élite non solo si sono consolidate al potere, ma si sono sostanzialmente riprodotte su larga scala, ma ovviamente in funzione dell’affiliazione del partito e dell’ideologia del partito dominante, che è sempre guidato dalle élite (dos Santos diceva l’MPLA che vuole, ma è la leadership che se lo merita!), tuttavia ora si assumono come organizzazione di massa per ridurre al minimo il suo elitarismo storico e legittimare la sua permanenza nel potere o nei poteri.

   Pertanto, finché la teoria del potere in Angola e Mozambico continua ad essere elitaria, non ci sarà alternanza di potere a breve, né saranno ridotti i livelli di disparità economica tra l’élite e le masse popolari.

Dr. Issau Agostinho

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