La cessazione di ABM e la sospensione di INF. Fine della stabilità strategica?

L’INF-Trattato sulle Forze Nucleari è stato firmato nel 1987 dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica al culmine degli sforzi diplomatici per scongiurare la Guerra Fredda tra le due nazioni. Dopo 30 anni di esistenza, la correlazione delle forze internazionali è cambiata ed il Presidente Trump ha annunciato la sospensione dell’INF perché la Russia violerebbe le sue condizioni. In che modo la sospensione e/o la cessazione dell’INF può ostacolare la stabilità strategica?


   Il contesto in cui è stato firmato l’INF era caratterizzato da un sistema bipolare (Kaplan direbbe bipolarismo rigido), in cui due potenti nazioni dominavano militarmente il sistema internazionale in termini di missioni militari all’estero (l’Urss preparava il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, ma era fortemente impiantata nei paesi che da lì a poco avrebbero formato la CSI, mentre gli Usa continuavano a premere per un sistema unipolare, con maggiore enfasi in Europa e America Latina, con interventi militari sparsi), ma anche di confronto delle due visioni economiche del mondo, cioè tra un mondo liberale, per uno e illiberale, per l’altro.

   Data l’enorme capacità di distruzione reciproca acquisita, era urgente stabilire non solo i limiti della portata delle armi nucleari (accordati tra un raggio non superiore dai 500 ai 5,500 km), ma anche la distruzione di missili che avevano una portata superiore ai 5,500 km, il ritiro dei missili simili dai paesi confinanti, membri del Patto di Varsavia e della NATO, (cfr. figura 2), nonché la non produzione di nuovi missili balistici e da crociera con lo stesso raggio. Secondo Steven Pifer, i due paesi hanno distrutto 2.692 missili a corto e medio raggio come obblighi previsti dall’INF entro il 1 giugno 1991.

Fonte: Arms Association Control.

   Tuttavia, le accuse di violazione dell’INF da parte della Russia sono iniziate durante l’Amministrazione Obama. Secondo un report del Dipartimento di Stato 2015-2018, sulla relazione all’adesione, controllo di non proliferazione e sugli impegni al disarmo, gli Stati Uniti sarebbero preoccupati dei missili da crociera e dei lanciatori di terra, i cui valori erano proibiti dall’INF. Le autorità russe, a loro volta, negano tali affermazioni.

   Detto ciò, l’annuncio da parte dell’Amministrazione Trump della sospensione per sei mesi dell’INF, con effetto dal 2 febbraio 2019, ed il suo eventuale ritiro (passo simile annunciato da Mosca), è dovuto al fallimento di un’uscita negoziata sul mantenimento del trattato, il che crea incertezza sulle conseguenze del ritiro di entrambi i paesi dall’INF.

   Il presidente Putin ha affermato che gli Stati Uniti avrebbero sospeso il trattato ed avrebbero fatto delle nuove ricerche, e che la Russia avrebbe fatto lo stesso. Ha inoltre aggiunto che il suo paese non schiererebbe alcun tipo di armamento in Europa o in qualsiasi altra parte del mondo, a patto che armi simili prodotte dagli Stati Uniti non siano apparse lì.

   Indipendentemente dal fatto che alcuni esperti di sicurezza internazionale avrebbero dichiarato che si proponeva di estendere la sospensione dell’INF anche a paesi come la Cina (che ha già rifiutato di far parte di un tale trattato), infatti, ci troviamo di fronte allo smantellamento graduale di una serie di trattati firmati, che hanno funzionato come un deterrente reciproco tra i due paesi e con effetti positivi a livello internazionale.

   Vale a dire, nel 2002, in un atto singolare, l’Amministrazione Bush si ritirò dal trattato di missili anti-balistici (ABM), che gli Stati Uniti avevano firmato con l’Urss nel 1972. All’epoca, per il presidente Bush, un tale ritiro aveva lo scopo di proteggere il popolo americano da attacchi missilistici da parte di terroristi o Stati corrotti. Per Putin (nel primo anno del suo primo mandato post-Eltsin), l’ABM era stato un pilastro per la sicurezza globale, considerando la decisione come “uno sbaglio”. Curiosamente, si presumeva anche che la Cina fosse poi integrata nel trattato, che aveva puntualmente negato.

   Naturalmente, è legittimo pensare che, dopo la rimozione dell’ABM (2001), dell’INF (2019), il deterrente strategico che si presta allo smantellamento sarà il Trattato START-Trattato sulle riduzione delle armi strategiche, firmato nel 1991 tra i due paesi, e che ha stabilito un numero massimo di ICBM (missili balistici intercontinentali) e di SLBM (lanciatori di ICBM dai sottomarini) consentito a ciascuno dei paesi, il quale nel 2010 è stato trasformato in NEW START, firmato da Obama e Medvedev, integrando una forte componente sul disarmo nucleare, che costringe le parti a dimezzare le loro testate nucleari (attualmente stimate in 6.650 per gli Stati Uniti e 6.850 per la Russia). Infatti, il rinnovo del NEW START, previsto per febbraio 2021, può essere a rischio di implosione, dato che il Presidente Trump ha sostenuto in date occasioni il rinnovo dell’arsenale nucleare del suo paese. Se non altro, in vista della sua rielezione nel 2020, molto probabilmente il build-up dell’arsenale nucleare statunitense farà parte del suo discorso elettorale.

   Questi tre trattati, che possono avere in comune il «Dialogo per la riduzione delle armi strategiche», per tutta la durata della Guerra Fredda (e ancora oggi) hanno funzionato come un importante deterrente militare con importanti riflessioni sulla pace e la sicurezza reciproca tra gli Stati Uniti e l’URSS/Russia e il sistema internazionale nel suo complesso.

   Tuttavia, oggi, con la trasformazione in corso del sistema internazionale, che dal bipolare rigido diventa diffuso e multipolare, gli Stati Uniti sembrano determinati a utilizzare la strategia dello smantellamento di questo deterrente come critica e/o ulteriore avanzamento della corsa agli armamenti con i suoi due rivali strategici (Russia e Cina), e anche come un modo per rilanciare la propria intenzione di dominare il sistema come la nazione con il più alto budget in campo militare, senza dover guardare ai limiti delle obbligazioni internazionali per esporre la sua potenza militare in un sistema in cui la presenza di molti altri poteri militari, economici e tecnologici sembra iniziare a contestare quel dominio. Tutto questo, a breve, medio o lungo termine, può mettere in pericolo la stabilità strategica che ha dominato le relazioni internazionali degli ultimi decenni.

Dr. Issau Agostinho

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