La riforma delle Nazioni Unite: tra legalità e crisi di legittimità

74 anni dalla creazione delle Nazioni Unite (ONU), il quadro geopolitico della correlazione delle forze, nonché delle alleanze degli Stati fondatori, sia come membri dell’Assemblea Generale (AG) che del Consiglio di Sicurezza (CS), è cambiato radicalmente. Le riforme funzionali delle Nazioni Unite e l’allargamento del CS sono legittime, ma saranno mai accettate dai 5 Permanenti?


   L’istituzionalizzazione delle Nazioni Unite nel 1945 rispecchia la necessità di “resuscitare” la Società delle Nazioni (SDN), creata, nel 1919, sulla base del 14° punto dei 14 punti presentati dal presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, al Congresso del Gennaio 1918 e del trattato di Versailles del giugno 1919, per garantire la parità tra stati piccoli e grandi, la loro integrità territoriale e l’indipendenza nazionale.

   Come è noto, la creazione delle due organizzazioni internazionali è stata conseguenza diretta della prima e della seconda guerra mondiale, mentre i paesi vincitori sono tra gli sponsor e i fondatori di tali organizzazioni, tranne la Repubblica popolare Cinese. Infatti, la Cina si unirà al CS nel 1971, come parte di stabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Cina di Mao Zedong e gli Stati Uniti di Richard Nixon, che si dimise dalla posizione degli Stati Uniti su Taiwan, ma anche grazie al voto favorevole alla risoluzione 2758 del 25 ottobre 1971 di 71 paesi, tra i quali una trentina di stati africani, che appellava al cambiamento della rappresentanza cinese alle Nazioni Unite.

   Per Sergio Romano (2018), con l’integrazione della Cina nel Consiglio di sicurezza, “il mondo è diventato tripolare, se non con l’emergere dell’Europa e del Giappone, pentapolare” (Cfr. Romano, Atlante delle crisi mondiali, p.150).

   In seguito al crollo dell’Unione Sovietica, la Russia di Boris Eltsin era, a sua volta, l’erede naturale del posto permanente che la prima occupava nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, formando così il quintetto accanto alla Cina, Stati Uniti, Regno Unito e la Francia (per indicazione britannica e statunitense), quest’ultima come governo provvisorio, poi in definitivo dal 1958 con l’inizio della 5a Repubblica francese.

   Come si può vedere, se durante la sua esistenza le Nazioni Unite si sono adattate alle esigenze dei suoi membri, in particolare del CS, tuttavia, la richiesta di maggiori riforme funzionali dell’Assemblea Generale e del Segretariato e la maggiore rappresentanza del Consiglio di Sicurezza hanno avuto slancio negli anni 2000 con Kofi Annan in quanto Segretario generale dell’Organizzazione tra 1997-2006. Per lui, questi due corpi erano diventati sempre meno efficaci, perdendosi in questioni di ordini del giorno complessi e nel consenso da raggiungere a tale fine, quando dovrebbero concentrarsi su questioni gestibili, nonché sul maggiore coinvolgimento delle organizzazioni della società civile.

   Allo stesso modo, l’attuale Segretario generale, António Guterres, è impegnato a trasformare l’Organizzazione con l’Agenda 2030 che prevede la riorganizzazione di due dipartimenti esistenti (il Field Support Department e il Management Department) in due nuovi dipartimenti: gestione strategica, politica e conformità e supporto operativo, la riduzione della burocrazia per una migliore gestione degli affari istituzionali.

   Per Guterres, l’obiettivo di queste riforme è quello di avere nel XXI secolo l’ONU più focalizzata sulle persone piuttosto che sulle procedure, più sui risultati e meno sulla burocrazia.

    Tuttavia, la burocrazia e l’efficacia dell’Assemblea Generale e del Segretariato, in quanto due dei 6 organi delle Nazioni Unite, nascondono una preoccupazione generale e un disagio acuto tra gli oltre 193 membri, con enfasi su quelli di maggiore rilevanza nel contesto delle relazioni internazionali: questi due organi hanno poteri marginali rispetto a quelli del Consiglio di Sicurezza, ciòè poteri legati alla cooperazione internazionale e alla semplice raccomandazione al CS cui spettano i più importanti poteri per la pace e la sicurezza, in conformità con il capitolo IV della Carta delle Nazioni Unite.

   In effetti, l’articolo 24, paragrafo 1, della Carta afferma chiaramente che “Allo scopo di garantire una pronta efficacia da parte delle Nazioni Unite, i membri attribuiscono al Consiglio di Sicurezza la responsabilità di mantenere la pace e la sicurezza internazionali e riconoscono che il Consiglio di sicurezza agisce per loro conto”.

   Per le potenze regionali e mondiali, con ambizioni per un ruolo sempre più assertivo all’interno della comunità internazionale, questa norma non solo viola il principio di uguaglianza tra gli Stati membri alla luce del diritto internazionale pubblico, ma anche quello dell’equa rappresentanza nei suoi organi costituenti, oltre alle implicazioni geopolitiche delle funzioni previste per il Consiglio di Sicurezza.

   È in questo contesto che il G4 (India, Brasile, Giappone e Germania), così come altri due rappresentanti del continente africano, stanno combattendo per posti permanenti nel CS. Ad esempio, il presidente etiope Sahle-Uork Zeudé ha fatto appello per questo durante il suo discorso del 27 settembre 2019 in occasione della 74a sessione dell’attuale Assemblea Generale a New York.

  D’altro canto, il G4, basatosi sulla risoluzione 69/560, adottata per consenso dall’Assemblea Generale nel 2015, che chiede una maggiore rappresentanza in seno al Consiglio di sicurezza, è più che mai legittimato e appare sempre più coeso per ottenere seggi permanenti.

   Tutto sommato, gli attuali membri del Consiglio di sicurezza rappresentano solo il 25% della popolazione mondiale, con paesi come la Francia e il Regno Unito la cui popolazione non è neanche superiore all’1% della popolazione mondiale, mentre l’India, a differenza del Giappone, del Brasile e della Germania, è un potenza nucleare e detiene circa il 18% della popolazione mondiale accanto alla Cina.

 Tuttavia, nonostante la risoluzione 69/560, i principali oppositori dell’allargamento del CS sono esattamente i membri permanenti, ognuno dei quali si oppone al suo diretto avversario nella sua area di influenza, vale a dire che la Francia non solo si oppone alla Germania, ma anche alle raccomandazioni formulate da Bruxelles in merito alla consegna del suo posto all’Unione europea; La Cina si oppone all’India e al Giappone, mentre la Russia e gli Stati Uniti sosterrebbero rispettivamente l’ingresso della Germania e del Brasile, fermo restando che senza il sostegno unanime dei 5 membri permanenti il CS rimarrà immutato.

   Di conseguenza, le riforme delle Nazioni Unite, in particolare l’allargamento del Consiglio di Sicurezza, rappresentano l’ultima frontiera di un mondo sempre più multipolare e diffuso, con i 5 Permanenti che sembrano non cedere alle loro posizioni di dominio nei confronti di altri membri delle Nazioni Unite. Nel frattempo, la legittimità del suo intervento per conto degli altri, come afferma l’articolo 24 della Carta, viene sempre meno mentre il quadro geopolitico si sposta costantemente, le forze e le alleanze non rispecchiano più quello uscito dal secondo conflitto militare del 1939-1945.

Issau Agostinho

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *