Elezioni presidenziali in Francia. Quando Parigi prende freddo l’Europa starnutisce

Mancano poco più di due mesi alle elezioni presidenziali in Francia e la situazione interna rimane complicata. Immigrazione, sicurezza e rapporti con l’Unione Europea sono le principali tematiche di confronto dei candidati all’Eliseo. La scelta dei francesi sarà fondamentale per il futuro degli equilibri mondiali e specialmente europei.


Il 23 Aprile e il 7 Maggio di quest’anno i francesi saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente.
Il tradizionale sistema a doppio turno francese ci offre la possibilità di fare alcune previsioni sui possibili scenari che si presenteranno.

Il presidente uscente François Hollande non si ripresenterà per un secondo mandato a causa di un evidente sfiducia da parte del partito a considerare la sua candidatura una carta vincente.
La popolarità del presidente infatti non è mai stata molto elevata durante il suo mandato ed è improvvisamente precipitata dopo gli attentati che hanno colpito la Francia nel 2015 e nel 2016.
Oltre a questo, alcune leggi (in particolare la cosiddetta “Loi travail”) volute dall’ex primo ministro Manuel Valls hanno dato origine ad un aspro confronto tra le forze sindacali ed il governo che ha diminuito la popolarità del presidente e del primo ministro anche tra gli elettori di sinistra.
Proprio l’ex primo ministro (in carica fino a Dicembre del 2016) infatti non è riuscito ad imporsi alle primarie del Partito Socialista svoltesi a fine Gennaio che hanno decretato la vittoria di Benoit Hamon, ministro dell’educazione durante il primo governo Valls.
Sarà dunque lui il candidato che rappresenterà il partito in continuità con il governo uscente.

Dalle fila del secondo governo Valls proviene inoltre un altro candidato, Emmanuel Macron, ex ministro dell’Economia, dell’Industria e dell’innovazione tecnologica, che presenta la propria candidatura appoggiato dal movimento politico da lui formato chiamato “En Marche!”.
En Marche si presenta come un partito bipartisan, cui obiettivo è conciliare politiche sociali e liberismo di mercato.

Per quanto riguarda invece il centrodestra, il partito dei Repubblicani (Les Repubblicains) che è il nuovo nome adottato dall’UMP (Unione per un Movimento Popolare), partito a cui appartiene l’ex presidente Nikolas Sarkozy, presenterà come candidato l’ex primo ministro François Fillon.
Fillon è riuscito a vincere le primarie del partito, svoltesi a Dicembre 2016, nonostante il favorito dai sondaggi sembrava essere Alain Juppé, attuale sindaco di Bordeaux ed ex primo ministro sotto la presidenza di Chirac nel 2007.
Fillon alle primarie ha anche battuto proprio l’ex presidente Sarkozy, che recentemente è stato messo sotto accusa per presunti finanziamenti illeciti della campagna elettorale del 2012.

L’estrema destra rappresentata dal “Front National”, i cui consensi elettorali sono fortemente aumentati negli ultimi due anni, come previsto presenta la candidatura di Marine Le Pen, presidente del partito dal 2011 dopo aver sostituito il padre Jean Marie.

Completano la lista alcuni candidati di partiti minori come Jean-Luc Mélenchon per il “Parti de Gauche”, europarlamentare già candidato alle presidenziali del 2012 che raccoglie i consensi a sinistra del partito socialista, Yannick Jadot, candidato per il partito ecologista (Europe Ecologie les Verts) e Nicolas Dupont-Aignan, rappresentante del partito gollista di recente formazione chiamato “Debout la France” (Alzati Francia).

Le differenze tra i vari candidati sono abbastanza nette.
Alla classica contrapposizione tra il partito socialista e l’UMP, ora partito repubblicano, si è aggiunta la presenza di En Marche che a causa della sua propensione bipartisan potrebbe rappresentare una sorpresa per queste elezioni.
Il punto in comune di queste tre formazioni politiche è comunque rappresentato dalla scelta europeista, che non viene da nessuno messa in discussione, anzi è fortemente sostenuta.

Diverso invece è l’orientamento del Front National, che nell’ultima campagna elettorale oltre alla classica battaglia contro l’immigrazione islamica ha manifestato l’intenzione, in caso di vittoria, di voler far uscire la Francia dall’Unione Europea e dall’Euro.

L’euroscetticismo del Front National è condiviso anche dal neopartito gollista di Dupont-Aignan che richiamando l’atteggiamento dell’indimenticato generale sostiene la volontà della Francia di tutelare i propri interessi non legandosi troppo a meccanismi sovranazionali come quelli delle istituzioni europee.

La campagna elettorale è stata condotta in un clima certamente avvelenato politicamente e socialmente.
L’insicurezza causata dagli attentati dell’anno passato sarà sicuramente un fattore determinante sul voto, orientando l’opinione pubblica in favore di chi sostiene soluzioni poliziesche e restrittive di certe libertà individuali.
Allo stesso tempo tuttavia le forze dell’ordine francese stanno subendo una forte critica in tutto il paese a causa dei metodi brutali con cui spesso la polizia svolge i propri compiti di controllo del territorio, specie nei confronti della popolazione non bianca.
Proprio le problematiche innescate dalla contrapposizione sicurezza-immigrazione rendono il dibattito politico mai come adesso esasperato e tendenzialmente violento.
Purtroppo dinamiche del genere sono osservabili in tutta Europa, con differenze specifiche dettate dalle particolarità di ogni paese, ma che possono essere sintetizzate in una mai sopita tendenza xenofobica delle popolazioni europee attualmente fomentata dalla crisi economica iniziata nel 2008.
L’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca ha dato un ulteriore spinta  a questa tendenza protezionistica degli interessi securitari nazionali delle destre europee.

La campagna elettorale è stata inoltre imbruttita da alcuni “scandali” giornalistici riguardanti un presunto caso di corruzione che riguarda la moglie di François Fillon, candidato dei repubblicani, e le rivelazioni sulla presunta omosessualità di Emmanuel Macron venute alla luce a causa di azioni di spionaggio attribuite ad alcuni hacker russi (gli hacker russi sembrano essere diventati il deus ex machina del giornalismo contemporaneo) che avrebbero causato un arretramento nei sondaggi per il candidato di En Marche.

I sondaggi danno come favorita al primo turno Marine Le Pen con poco meno del 30% delle preferenze.
Sembra quasi inevitabile che il Front National arrivi al ballottaggio.

Chi sarà il probabile sfidante Domenica 7 Maggio dipenderà dall’abilità comunicativa dei tre candidati più quotati dopo Marine Le Pen, cioè Macron, Hamon e Fillon.
Tutti gli altri candidati sembrano molto distanti da percentuali che gli permettano di arrivare al secondo turno, solo Mélenchon si stima possa arrivare ad un 10% di preferenze che comunque sono troppo poche per qualunque illusione.

Macron, Hamon e Fillon si attestano nei sondaggi con percentuali che variano tra il 20 e il 25 percento delle preferenze, quindi appare probabile che il 23 Aprile ci sarà una sfida all’ultimo voto per avere la possibilità di sfidare Marine Le Pen a secondo turno.

Ovviamente queste ipotesi possono essere smentite dai risultati, che magari non consegneranno al Front National la maggioranza relativa, ma i segnali interpretati dagli analisti propendono a considerare molto probabile uno scenario del genere.

Il secondo turno dovrebbe essere meno imprevedibile.
Come già successo nelle elezioni del 2002 quando Jacque Chirac affrontò l’allora presidente del Front National Jean Marie Le Pen uscendo trionfante con più dell’80% delle preferenze, la paura di trovarsi un presidente con idee affini a quelle sperimentate durante il periodo del nazifascismo in Europa dovrebbe spingere i francesi a votare in modo compatto contro il Front National.

La situazione questa volta è però leggermente diversa.
In primo luogo il Front National non è il partito del 2002 che sorprese tutti riuscendo ad ottenere più preferenze del Partito Socialista, ma anzi rappresenta oggi il partito di maggioranza relativa.
In secondo luogo il clima di insicurezza potrebbe portare una parte dell’elettorato a ritenere il Front National il mano minore, considerando il primo nemico della Francia l’integralismo islamico, nei confronti di cui il Front National si è autoproclamato ultimo baluardo per la difesa dell’Europa e delle sue radici cristiane.
Appare superfluo considerare tali posizioni populistiche, tuttavia bisogna tener ben presente che in democrazia le posizioni populistiche rappresentano un ottimo modo per raccogliere consensi e questo potrebbe portare a clamorose sorprese.

La possibilità di una vittoria del Front National sembra possa avere più chance dunque se a sfidare Marine Le Pen dovesse essere Hamon, facendo leva sul fatto che una parte dell’elettorato di Fillon e di Macron possa preferire il Front National piuttosto che il Partito Socialista.
Praticamente impossibile invece che l’elettorato del Partito Socialista possa preferire il Front National ai Repubblicani o al movimento fondato da Macron.

La scelta europeista può fare la differenza.
Ma quale sono le idee dei francesi nei confronti dell’Europa? In altre parole: è la Francia ad avere bisogno dell’Europa o è l’Europa ad aver bisogno della Francia?

La questione non è di facile interpretazione.
E’ palese che l’Europa non reggerebbe al colpo di un abbandono della Francia.
Il governo di Parigi è troppo importante per l’economia e per la politica dell’Unione, per cui non ci sono dubbi sul bisogno dell’Unione della Francia.

Più complicato invece è rispondere alla domanda se la Francia ha bisogno dell’Europa.
Di fatto la Francia nonostante essere stata una delle superpotenze mondiali negli ultimi due secoli, con un impero coloniale colossale, non sembra poter rioccupare da sola il posto che aveva fino alla prima metà del secolo scorso.
Anche se i rapporti politici ed economici con le ex colonie sono rimasti importanti ed il francese si avvia ad essere la lingua più parlata al mondo, a causa dell’incremento demografico che soprattutto i paesi africani ex colonie francesi registrano, non ci sono segni evidenti che facciano presumere che l’economia della Francia, così come quella del Regno Unito dopo la “Brexit” possa reggere il confronto contro i giganti Stati Uniti, Cina, gli altri paesi del BRICS o del G20, basandosi solo su un rapporto privilegiato con le ex colonie.

La decisione finale sul futuro della politica interna ed estera del paese è affidata alla matita dei francesi.

Dalla loro decisione dipende anche il futuro dell’Europa e di tutto il cosiddetto “occidente”.

Non ci resta che aspettare e sperare che i francesi non abbiano dimenticato il loro stesso spirito rivoluzionario che ha modellato in parte le relazioni internazionali moderne sui principi di Egalité, Liberté e Fraternité di cui tanto bisogno si sente ultimamente.

Dott. Giuseppe Difrancesco

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