Accordo storico tra Macedonia e Grecia. Skopje e Atene più vicine

Il premier greco Tsipras e il primo ministro macedone Zaev hanno concluso un patto che pone fine ad una diatriba quasi trentennale sul nome della ex Repubblica Jugoslava e che apre le porte all’ingresso macedone nell’Unione Europea e nella NATO.


  Dalla dissoluzione dell’ex Jugoslavia all’inizio degli anni ’90 la Macedonia è stata ufficialmente nominata Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, FYROM in inglese acronimo di Former Yugoslav Republic of Macedonia proprio a causa di dissensi con la Grecia sull’utilizzo del nome Macedonia.

   Il motivo di tali dissensi è l’esistenza di una regione a nord della Grecia cui nome è appunto Macedonia, così la Grecia fino ad oggi è stata turbata dall’idea che se i vicini confinanti a nord avessero chiamato il proprio stato Macedonia, prima o poi avrebbero rivendicato il possesso della Macedonia greca, cosa che evidentemente non può essere accettata dai greci. La situazione macedone è un ottimo esempio della frammentazione etnica nei Balcani che dalla fine della prima guerra mondiale e la caduta dell’Impero Ottomano ha condizionato pesantemente la formazione degli stati nazionali tra l’Adriatico e il mar Nero.

  La regione storica della Macedonia ha subito varie nel corso della storia, a seconda delle aspirazioni espansionistiche delle varie nazionalità che hanno avanzato pretese su questo territorio ed arriva a toccare i territori di tutti gli stati balcanici sud-orientali. L’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, la Bulgaria e la Grecia sono quelle più interessate alla questione ma il territorio della regione storica macedone si estende anche in Albania e in Serbia. 

   Le popolazioni, che fino al 1917 vivevano sotto il dominio ottomano, hanno dominato la scena politica europea nel novecento (non a caso i Balcani sono considerati la polveriera d’Europa) a causa dei contrasti nazionalisti molto forti presenti nella regione. Le cause di questi forti contrasti sono da ricercare nella posizione geografia della penisola balcanica, crocevia di incontro tra culture, alfabeti e religioni, e nel sistema imperiale ottomano che fino alla sua dissoluzione era un impero multietnico e multiculturale. Sotto il dominio del sultano di Istanbul nella regione infatti vivevano turchi, greci, abanesi e popolazioni slave, organizzati politicamente anche in base alla loro appartenenza religiosa che vede la presenza nei Balcani di musulmani, cristiano ortodossi e cristiano cattolici.

   La combinazione di questi elementi uniti al tracollo ottomano ha esasperato i nazionalismi e scatenato guerre furibonde durante tutto il novecento, di cui ultimo atto è stata la dissoluzione della Jugoslavia e le conseguenti guerre in Bosnia e in Kosovo che hanno costretto la comunità internazionale ad attivarsi per impedire l’aggravarsi della situazione.

   Molte questioni rimangono tuttora aperte ma il passo fatto dal governo di Atene e quello di Skopje sembra possa alimentare speranze di pacificazione della regioneLa Macedonia si chiamerà ufficialmente Repubblica di Macedonia del Nord chiudendo così la disputa riguardante il nome con la Grecia da cui in cambio otterrà il nulla osta all’ingresso nella NATO e nell’Unione Europea.

   Geopoliticamente questo fatto rappresenta un’ulteriore espansione della NATO in Europa Orientale (processo praticamente costante dalla caduta dell’Unione Sovietica) e una piccola vittoria da parte dell’UE che rafforza la sua posizione di potenza equilibratrice nei Balcani che aspira a sostituire la storica influenza russa nella regione dovuta alla protezione che la Russia ha sempre offerto ai “fratelli slavi” e alla influenza della chiesa ortodossa che raccoglie molti fedeli tra serbi, bulgari, macedoni e greci.

   L’accordo che rappresenta dunque una vittoria dell’UE ha ricevuto critiche dai settori nazionalisti di entrambi i paesi che ritengono il raggiungimento dell’accordo una sconfitta. Il presidente macedone Ivanov ha dichiarato che non firmerà l’accordo mentre in Grecia alcuni settori dell’opposizione di destra, tra i quali l’ala estrema rappresentata dal partito neofascista Alba Dorata, hanno organizzato manifestazioni di protesta contro la concessione del nome Macedonia (seppur con l’aggiunta della specificazione “del Nord”) allo stato confinante.

   Le ragioni economiche spesso, se non sempre, prevalgono sul romanticismo nazionalista e dunque per i macedoni l’opportunità di integrarsi nelle istituzioni europee, nella NATO e nel mercato comune rappresenta un ottimo traguardo per migliorare il proprio benessere, allo stesso modo la Grecia, in cambio del “sacrificio” a riconoscere il nome del vicino, otterrà un trattamento più accomodante da parte dell’Unione Europea per quanto riguarda i conti pubblici e la riduzione del debito, essendosi dimostrata con questo gesto disposta a rinunciare ad importanti rivendicazioni nazionali per favorire l’espansione dell’UE.

   Alla cerimonia di firma dell’accordo, che ha avuto luogo sulla sponda meridionale del lago di Prespa, che è uno dei punti di confine tra i due paesi, oltre ai due premier hanno preso parte il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari politici Rosemary Di Carlo, il negoziatore delle Nazioni Unite Matthew Nimetz, il capo diplomatico dell’UE Federica Mogherini e il commissario per l’allargamento dell’UE Johannes Hahn.

   Il compito dell’Unione Europea nella regione non è comunque semplice. Bisogna tenere bagnata onde evitare che si infiammi la polvere da sparo presente nei Balcani, ma per tenerla bagnata bisogna continuamente spendere denaro che le deboli economie europee (ad eccezione della Germania e della Francia) probabilmente non potranno o non vorranno spendere. Dunque, la stabilizzazione dell’Europa Orientale potrebbe ricadere ancora una volta sulle casse tedesche, ma non fu proprio la crescente influenza tedesca sui territori dell’impero Ottomano una delle cause della prima guerra mondiale? Purtroppo, una polveriera seppur bagnata rimane sempre una polveriera.

Dott. Giuseppe Difrancesco

 

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