L’isteria ai tempi del coronavirus

Oggi la pandemia ci fa riscoprire insensibili di fronte alle difficoltà. La solidarietà sparisce, e si evidenziano con maggior frequenza atteggiamenti egocentrici con un fine prettamente politico.


   Leggo, rifletto, ormai i social ci hanno invaso. Ognuno dice la sua, tutti condividono tutto leggendo a mala pena il titolo della nota. Ormai, il facebook è diventato luogo di dibattiti tra chi forse un testo non lo ha mai letto in vita sua. Sgrammaticati e prepotenti, la maggior parte dei commenti è di chi è stato amico di un dottore, o amico di un amico che lavora in un ospedale. Mi chiedo? Saremo ormai in preda ad un’isteria collettiva che va avanti da anni e che durante questa epidemia si è precipitosamente aggravata?

   Ad un tratto, tutti ci riscopriamo esperti di epidemie, virus, siamo policy makers, sociologi ed economisti. Sarà forse il bello del XXI secolo quello di essere liberi di esprimere dietro una maschera o un profilo, con una tastiera ed un copia e incolla tutto quello che sentiamo. Senza dubbio, c’è una gran voglia di partecipazione nella vita pubblica, di opinare su un destino ogni giorno sempre più compromesso da una politica che non sa dare risposte.

   Ed ecco che la libertà diventa ad un tratto la possibilità di dire ed offendere, di presumere ed esibirsi, di aver soprattutto sempre ed ovunque ragione. L’isteria ai tempi del coronavirus non è poi così differente da come sempre è stata presente in una società come la nostra, vuota. Certamente c’è e ci saranno sempre coloro che riflettono senza farsi condizionare da un’opinione pubblica sfrenata. Comunque sia, sono pochi purtroppo.

   Tutto a un tratto ci riscopriamo nazionalisti, sfoggiamo il nostro essere italiano e mettiamo in balcone una bandiera. Ci ricordiamo che siamo parte di un’Unione solamente per dire che non vogliamo essere europei. D’altronde ormai siamo sovranisti, nazionalisti di una nazione in cui si parlano 20 lingue. Inoltre, ci riscopriamo credenti, ma forse lo siamo sempre stati, ora però abbiamo bisogno di esibirlo, come se la fede vale solamente per chi la evidenzia come una virtù che solo in pochi hanno. Non è neanche Dio a cui ci si rivolge, ma alla povera Madonna. Così appaiano rosari e preghiere live. Che dire, la scienza da sola non può fermare questo delirio chiamato società, questa isteria chiamata pandemia.

   Oggi più che mai molti riscoprono che hanno bisogno di un capo, di un ideale da seguire. Molti tra questi non ricordano la storia, forse non l’hanno mai studiata. Eppure, il facebook diventa fonte di ogni verità. C’è chi dice con orgoglio che deteniamo il 70% del patrimonio culturale mondiale, chi addirittura sancisce che siamo (e lo siamo sempre stati) il cuore della cultura. C’è chi rimembra epopee mai esistite o virtù mai avute. C’è chi vorrebbe capire, ma non può perché in preda ad un’isteria che non fa pensare, cerca l’untore. Effettivamente sembrerebbe si sia passati dal nemico e pericolo dell’immigrato al pericolo dell’untore perenne che si trova in chiunque metta in pericolo la situazione di normalità/anormalità venutasi a trovare.

   È un mondo alla rovescia, dove ormai tutti possono sedersi e citare anche al tipo che copiò ed incollò nel facebook con tanto di citazione. In questo mondo virtuale effettivamente tutto è possibile, si attribuiscono riflessioni attuali a filosofi greci, e allo stesso tempo si evidenziano frasi mai dette da nessuno ma con tanto di “cit.”. La paura fa parte di questo stato di eccezione che perdurerà per molto tempo. Uno stato di eccezione che non sarà solamente una quarantena, ma un’isteria collettiva che ci farà diffidare l’uno dall’altro.

   Allo stesso tempo, non so se anche questa isteria ai tempi del coronavirus ci stia dando la possibilità di capire chi siamo in realtà. Non so se dopo questa isteria collettiva forse saremo diversi. Di diverso ci sarà sicuramente il nostro modo di vivere. La nostra normalità sarà diventata quello stato di eccezione presente. In nome di questa libertà che ci permette di dire, essere, contraddire chiunque, avremo dato passo ad un buio ancor più oscuro di quello del ventennio.

   Ho paura, lo dico con il cuore in gola. Ho paura di essere escluso da chi con la sua ignoranza allude a tempi oscuri. Forse, non calerà il sipario presto, ma senza dubbio c’è una marea che cresce e che fra poco tempo ci farà annegare dentro un mondo sovranista, spietato con il debole, ma soprattutto senza solidarietà.

   In questo momento, forse la libertà sarà più che altro un’azione di difesa di un momento della società liberale che non ha saputo risolvere le sue contraddizioni e che in nome del dio mercato ci ha fatti sprofondare in un abisso fascista da cui questa volta sarà difficile uscirne.

   Non so se avremmo ancora la forza di difendere ciò che comunque è diventato marcio a causa dell’egoismo. Non so con che armi potremmo difendere questa libertà che poi alla fine si è rivoltata su di noi stessi con tutti i suoi difetti e con tutte le sue sfumature, a volte grigie, a volte nere.

   L’isteria ai tempi del coronavirus sarà comunque l’aggravarsi di una cecità che coinvolge una società senza ideali o speranze. Non sarà comunque una morte alla Kill Bill del capitalismo come segnalato da Zizek, ma un duro colpo a coloro che hanno creduto di salvare il sistema liberale attraverso il dio mercato lasciando così la porta spalancata a un estremismo di destra che, se non fermato , ci farà cadere in un abisso.

   L’irrazionalità come risposta a questa pandemia ci fa dimenticare che siamo esseri sociali che abbiamo bisogno di risposte non solamente al Covid-19 ma ai problemi che l’individualismo esasperato ci ha creati. La quarantena ci fa ritornare allo stato biologico primitivo, ad una condizione di paura e di ricerca dell’untore che prevale su ogni sentimento di solidarietà o intendimento di un problema di salute pubblica che va più in là della semplice malattia.

   Il fatto che lo stato d’eccezione sia diventato normalità ci mette davanti alla fragilità di una società che difficilmente saprà riprendersi dalla sua condizione di sapere escludere ed ungere coloro che sono di troppo. Non so se la società post coronavirus saprà ricordare quella solidarietà seppur fugace che in determinati momenti abbiamo avuto. Di sicuro, l’isteria ai tempi del coronavirus ci addentrerà verso ciò che inesorabilmente avevamo intrapreso senza neanche capirne le nefaste conseguenze.

Giuseppe Lo Brutto

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