La lunga tradizione di stabilità politica e militare, di cui la Siria ha goduto sotto la dinastia Assad, passando dal mandato di Hafiz al Assad (1971-2000) all’attuale Presidente, Bashar al Assad, al potere dopo la morte del padre nel 2000, ha iniziato a subire una battuta d’arresto dal 2011 a seguito dell’estensione delle storiche Primavere Arabe nello spazio territoriale siriano, in opposizione, in parte, della maggioranza musulmana sunnita al predominio politico ed economico musulmano sunnita della minoranza alauita al potere.
I vari tentativi di deposizione dal potere del Presidente Assad finora non hanno mai funzionato, nonostante il significativo sostegno diplomatico e logistico dei principali paesi occidentali e paesi arabi al Consiglio Nazionale e al suo braccio armato.
La situazione sul terreno è cominciata a cambiare da questo momento, dato che l’obiettivo fondamentale di questo consiglio era (ed è) l’uscita di Assad dal potere e la transizione politica in Siria, un obiettivo non condiviso da un attore chiave nelle relazioni internazionali oggi: la Russia!
La Russia, non avendo una presenza geografica nel Mediterraneo, ha ottenuto in epoca di Hafiz l’installazione della sua base navale a Tartus, che in un eventuale governo non favorevole agli interessi russi, potrebbe naturalmente invalidare l’accordo firmato nel 1971 e successivamente ribadito dal presidente siriano attuale. È questa base navale che potrebbe ben spiegare la permanenza al potere di Bashar al Assad, l’unico sopravvissuto dalle primavere arabe, dal momento che la Russia si oppone categoricamente non solo alla sua deposizione, ma anche all’intromissione negli affari interni siriani da parte di terzi, posizione rafforzata, peraltro, dopo l’ira causata dalla violazione della Risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU n ° 1973 del 17/03/2011, che imponeva una non-Fly Zone in Libia, e il non rovesciamento del suo Presidente.
Dopo l’uso di armi chimiche nel 2013 (vietate dalla Convenzione di Parigi del 1997) contro le popolazioni inermi, che il governo di Damasco ha negato di aver fatto, la presenza di Bashar al Assad ha continuato a rivelarsi insopportabile per i paesi sponsor del Consiglio siriano, ciò mentre nel 2014 Assad rinnovava il suo terzo mandato di sette anni.
Se nel 2013, l’uso di armi chimiche, che ha provocato la morte di centinaia di persone, è passata come una semplice condanna internazionale e creazione di una commissione d’inchiesta che ha stabilito i fatti che sono stati successivamente negati da Damasco, che culminò con lo smantellamento dell’arsenale chimico siriano sotto l’egida dell’Organizzazione per la Proibizione delle armi chimiche, e nello stesso anno la Siria aderiva alla stessa organizzazione, le quasi 80 vittime delle armi chimiche utilizzate il 4/4/2017 hanno provocato l’attentato contro la base militare siriana di Shayrat da parte dell’Amministrazione Trump.
Ora, se dal punto di vista del diritto internazionale, questo bombardamento costituisce una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite, e una violazione della sovranità di uno stato membro della comunità internazionale (Siria), il che ha mosso una condanna da diversi paesi del mondo, la Russia in primis, tra cui alleati della NATO, ma anche il plauso di altri, il fatto è che questo atto (che pare violare anche la costituzione degli Stati Uniti, nell’articolo I, sezione 8, perché mancava l’autorizzazione del Congresso, che lo autorizza solo in caso di attacco contro gli Stati Uniti), fa prevedere due letture differenti dal punto di vista dei suoi effetti geo-strategici:
1- Pur essendo stato in violazione di questi elementi, si verifica in un momento in cui il presidente Trump offre la cena ufficiale al suo omologo cinese, Xi Jinping. Il primo ha voluto dissuadere il suo ospite a compiere ogni sforzo per convincere il regime di Pyongyang a non mettere in pericolo la stabilità nella penisola coreana; in effetti, in una dichiarazione precedente, Trump ha detto che gli Stati Uniti avrebbero comunque agito da soli anche se la Cina non fosse intervenuta. Curiosamente, il giorno dopo il bombardamento della base siriana Shayrat, gli Stati Uniti avrebbero inviato alla penisola i portaerei, come una dimostrazione di forza che, si spera, non peggiori ulteriormente il fragile clima di sicurezza nella regione;
2- Il bombardamento degli Stati Uniti contro la Siria, al di là delle critiche interne ed esterne, sembra avere improvvisamente aiutato a chiarire la promiscuità tanto vantata tra campagna presidenziale Trump e le autorità russe, giacché nel dibattito pubblico negli Stati Uniti il fantasma russo sembra essere scomparso e aver dato modo di approvazione di Trump. Critico come Zacaria Fareed ha detto che Trump, a seguito di questo attacco, si sarebbe trasformato in presidente degli Stati Uniti. L’idea è semplice: attaccando la Siria, sostenuta dalla Russia, gli Stati Uniti vogliono avere una partecipazione diretta (non solo attraverso il consiglio siriano) negli outputs che si prevedono nel regime post Assad.
La domanda che sorge spontanea è se Trump continuerà a bombardare la Siria e quale sarà la reazione diretta della Russia, la quale ha detto di voler aumentare il sistema di difesa aerea in Siria, che sembra non aver funzionato contro i missili Tomahawk, o che semplicemente non voleva azionare, appunto, forse, per evitare un confronto militare di proporzioni catastrofiche diretto tra i due per il controllo di una regione che sembra essere l’innesco di instabilità regionale e internazionale.