La lunga partita politica dell’Afghanistan


Nell’estate 2021, i talebani sono entrati a Kabul, capitale dell’Afghanistan prendendo il potere generando un’onda di agitazione che ha portato una parte di popolazione ad abbandonare la propria terra. Cerchiamo di delineare le questioni che interessano questo Paese che non sembra trovare una pace.


La storia è racchiusa nella bandiera

L’Afghanistan è uno Stato dell’Asia Centrale incastonato tra le montagne, senza accesso sul mare e considerata una tappa obbligatoria per raggiungere i paesi a sud-est del continente. Per questa sua posizione geostrategica, nel corso dei secoli il Paese ha subito diverse invasioni che ha portato gli afghani a rivendicare la propria terra.

L’Afghanistan presenta una bandiera avente tre colori (nero, rosso e verde) che riassumono la storia del Paese. Il colore nero simboleggia un passato di battaglie per il quale il popolo ha combattuto, il rosso rappresenta il sangue versato per l’indipendenza raggiunta nella metà degli anni Novanta e infine il verde indica la speranza per il futuro tuttavia segnato ancora da conflitti.

All’inizio del Nuovo Millennio infatti l’Afghanistan inizia una nuova fase ed entra in un lungo dibattito internazionale. In seguito all’attentato del World Trade Center di New York, con l’art.5 del 7 ottobre 2001, l’esercito statunitense invade il Paese con lo scopo di colpire al-Qaida considerata l’organizzazione artefice dell’attentato. Dopo circa 20 anni dall’occupazione statunitense, nell’estate 2021, il presidente Joe Biden annuncia il ritiro delle forze americane dal territorio afghano. Non si tratterà di una libertà ritrovata ma di un futuro ancora tutto da scrivere. Infatti, dopo una progressiva conquista delle città e province limitrofe, il 15 agosto 2021 i talebani prendono il potere nella capitale, Kabul.

I rapporti tra la comunità internazionale e i talebani

La conquista del potere da parte dei talebani ha generato un’onda di agitazione a causa della posizione conservatrice e la rigida applicazione e interpretazione della Sharia da parte di questi ultimi portando ad una fuga di massa dal Paese bloccando l’aeroporto principale (Hamid Karzai Internazionali Airport). La Sharia (“strada battuta”) costituisce la legge fondamentale della religione islamica che definisce norme di comportamento etico-morali, legate al Testo Sacro, da assumere nella propria vita. In questo contesto, la comunità internazionale non riconosce il governo dei talebani. Essi infatti hanno assunto il potere con la forza, senza una procedura democratica che permettesse al popolo di scegliere il suo governo. Non è tutto.

L’Afghanistan è un Paese che nel tempo ha incuriosito molto le maggiori potenze mondiali. Nel prossimo futuro infatti la Russia potrebbe guardare con interesse le risorse minerarie del Paese. Sebbene questa possieda già un cospicuo quantitativo di risorse minerarie è proprio su queste che potrebbe giocarsi uno dei match più importanti: da una parte perché la disponibilità delle risorse non è infinita, dall’altra le risorse presenti in Afghanistan potrebbero non essere le stesse che possiede la Russia. L’interesse non riguarda solo le risorse ma anche il territorio stesso. A nord est dell’Afghanistan infatti esiste il corridoio di Wakhan, una lingua di terra che congiunge Afghanistan e Stato cinese. La Cina d’altro canto potrebbe trovare in Afghanistan una porta aggiuntiva per la sua Nuova Via della Seta.

La resistenza femminile afgana

In base al report 2022 “Human Rights in Afghanistan” le donne adulte e quelle di nuova generazione sono sottoposte a rigide limitazioni non solo della vita privata ma anche di quella pubblica. Lo scorso anno, il governo ha emanato un editto che vieta alle giovani donne di frequentare le università e di interrompere l’istruzione scolastica al compimento dei dodici anni. Durante l’ultima occupazione, molte persone sono fuggite dal Paese tra cui donne e bambini. Sia le donne che hanno lasciato l’Afghanistan che quelle rimaste hanno attivato una vera e propria resistenza che si batte per i loro diritti. Nonostante questa resistenza le esponga a continui rischi, la popolazione femminile afghana persegue un solo obiettivo: fare in modo che le loro voci non siano messe a tacere.

Tuttavia, se da una parte i talebani tentano di ostacolare l’istruzione e tutte le attività connesse alla sfera femminile sia privata che pubblica, dall’altra non tutti gli uomini afghani con dividono la visione dei talebani.

Gli aiuti umanitari e i diritti negati

Come per tutte le guerre nel mondo, sono i civili a pagarne il prezzo più alto. A questo proposito, appare opportuno riflettere su due questioni in particolare: gli aiuti umanitari e la violazione dei diritti umani presente in Afghanistan. Il lavoro svolto dalle organizzazioni governative e non governative costituisce un supporto cruciale per la tenuta del Paese. L’Afghanistan infatti sta vivendo attualmente un grave deficit economico e finanziario che si ripercuote sulle attività lavorative e sulla vita della comunità locale.

Secondo il report 2022 pubblicato dal Programma alimentare mondiale (World Food Programme), a 20 milioni di civili non sono assicurati i generi alimentari. Nel report viene utilizzato un termine specifico, “food insecurity” per indicare la mancanza di un quantitativo di cibo tale da poter nutrire l’intera popolazione. Attraverso il programma “WASH”, UNICEF permette che alla popolazione afghana sia fornita l’acqua potabile specialmente nelle aree colpite da siccità. In questo contesto, le organizzazioni umanitarie governative e non, forniscono una serie di beni e servizi che in questo momento mancano e che il nuovo governo di Kabul dovrebbe abilitare.

Uno dei compiti delle organizzazioni umanitarie inoltre è stilare i così detti “shadow report” ossia quei documenti che segnalano il reale trattamento dei diritti umani rispetto a quello che viene comunicato dallo Stato. I documenti recenti offerti dalle organizzazioni che operano sul territorio ci dicono che la situazione relativa ai diritti umani è molto grave caratterizzata da ingiustizie, violenze, detenzione e arresti da parte delle autorità. Questi sono ulteriori motivi per cui la comunità internazionale non riconosce il governo dei talebani come legittimo.

A questo punto ci chiediamo come i talebani intendano continuare a governare e a comunicare sia con la comunità internazionale sia con la popolazione locale, soprattutto con quella femminile che spesso paga con la propria vita i diritti negati.

Monica Mei

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